A Cambridge con Miss Plummer

Verso la fine della mia permanenza a Londra, nel 1969, Miss Plummer, che mi aveva aiutato molto nell’apprendimento della lingua, decise che avremmo dovuto fare una escursione a Cambridge. La città universitaria meritava di essere visitata, per vivere un’esperienza di totale immersione nell’atmosfera inglese. Di fronte alla mia perplessità, dato che ormai avevo ben pochi soldi a mia disposizione, mi assicurò che lei si sarebbe fatta carico di tutto.

            Andammo a Cambridge con il treno e, appena arrivati, lei volle comperare un libretto con la descrizione dei diversi collegi universitari. Mentre ci muovevamo dall’uno all’altro, Miss Plummer mi chiese di leggere ogni descrizione ad alta voce, in modo che lei potesse ascoltare bene e correggermi. La cosa imbarazzante era che c’erano altri turisti, alcuni dei quali si fermarono ad ascoltare le spiegazioni che leggevo, mentre Miss Plummer si premurava di spiegare che ero un novellino nella lingua ma che me la stavo cavando molto bene. Con un certo compiacimento, aggiungeva che era stata lei a insegnarmi tutto.

            Arrivò l’ora del pranzo. Miss Plummer si informò presso un passante, chiedendo l’indicazione di un ristorante che fosse tipicamente inglese. Il suggerimento fu per il “Blue Swan – il Cigno Azzurro”, locale nel quale “l’atmosfera era molto gradevole”.

            Lo trovammo subito e devo riconoscere che era un locale molto elegante. Una volta seduti, potemmo visionare il menù, che mi impressionò per i prezzi del tutto al di fuori della mia portata. Delegai a lei la responsabilità della scelta.

            Fu un pranzo piacevole. C’era un primo di pasta gratinata e il secondo era il famoso agnello con salsa di menta, uno dei miti della cucina inglese. Ci fu anche un dessert, ma non ricordo cosa fosse.

            Il momento drammatico fu quando ci fu portato il conto. Miss Plummer era già allora una signora piuttosto anziana, mentre io, che ero vestito in borghese ed avevo una barba di due mesi, facevo ancora la figura dell’aitante giovanotto. In considerazione di ciò, il cameriere pose il piattino con il conto sul tavolo accanto a me.

            Rapidamente feci i miei conti: avrei potuto far finta di voler pagare io, ma sapevo di non avere neppure un decimo di quello che era il prezzo del pranzo e, se Miss Plummer non si fosse mossa per non farmi fare brutta figura, mi sarei trovato in una situazione drammatica; oppure avrei dovuto ricordare chiaramente a Miss Plummer la sua promessa di farsi carico di tutte le spese. Nell’imbarazzo della scelta, mentre parlavo con lei, senza guardare il conto, cominciai a dare delle leggere spinte al piattino, orientandolo verso l’altro lato del tavolo. Fortunatamente la mia benefattrice se ne accorse subito e prese per sé il conto, assicurandomi che, secondo i patti, era lei a dover pagare.

            Il problema fu così risolto, ma quando il cameriere venne a ritirare il denaro e vide che a pagare era la vecchia signora, mi diede uno sguardo carico di disprezzo. Probabilmente mi ha classificato come uno gigolò, e comunque come qualcuno che si faceva mantenere dalle vecchiette.