Articolo per “L’Osservatore Romano”, in preparazione alla visita di Papa Benedetto XVI a Loreto.

A.D. 2012

In una delle periodiche ripuliture delle pareti del Palazzo Apostolico di Loreto, proprio sotto il loggiato del braccio corto, è apparsa una scritta, a lettere regolari ed a caratteri maiuscoli: “Viva l’immortale Pio IX”. Questa acclamazione era stata probabilmente posta sul muro del Palazzo in occasione della visita che il Beato Pio IX fece a Loreto, nel 1857. Fu quella l’ultima uscita del Papa dai confini di Roma, prima della fine degli Stati della Chiesa e della proclamazione dell’unità politica d’Italia.

            La Provvidenza volle che, dopo 105 anni da quel viaggio, la prima volta che il Papa decise di lasciare Roma e il Lazio per recarsi ancora in una visita in un santuario italiano, la scelta cadde ancora su Loreto, e il Beato Giovanni XXIII venne pellegrino al Santuario della Santa Casa, il 4 ottobre 1962. Quel viaggio aprì una nuova pagina nella storia del Papato, perché inaugurò un nuovo stile di presenza del Vescovo di Roma nella Chiesa, svolto attraverso i viaggi apostolici che divennero una caratteristica costante dei pontificati seguenti, di Paolo VI, del Beato Giovanni Paolo II e, ora, del Santo Padre Benedetto XVI.

            Sorge spontanea la domanda di quale motivo ci sia per questa evidente preferenza verso Loreto. Al di là delle ragioni storiche, che sono ovvie per l’antichità e il prestigio di questo luogo, credo che la risposta sia nella natura stessa del Santuario Lauretano. In esso non si commemora qualche evento straordinario, che indichi la presenza materna di Maria nel nostro cammino di fede, come un’apparizione o una rivelazione. E neppure si venera un’immagine, che antichi eventi e la venerazione dei fedeli abbiano avvolto di affetto filiale. La Santa Casa, nella semplicità delle sue tre pareti, ci parla il linguaggio evangelico dell’annuncio dell’Incarnazione del Figlio di Dio, ci presenta l’assenso di Maria alla proposta di Dio, ci aiuta a riflettere sulla perenne vitalità di una chiamata che coinvolge ciascuno i noi, chiamandoci ad essere parte viva nella storia della salvezza del mondo intero. Il messaggio di Loreto si riferisce al mistero che è il cuore stesso della nostra fede, ed ha quindi una sua forza che oltrepassa le mode e gli interessi di un momento o di un’epoca.

            Mentre a Loreto ci prepariamo ad accogliere il Papa, la riflessione va al significato di questa visita, la seconda di Papa Benedetto nel corso del suo Pontificato, ma che fa seguito anche alle almeno sette soste nel Santuario compiute dal Cardinale Ratzinger negli anni precedenti alla sua elezione alla Cattedra di Pietro. Sarebbe infatti riduttivo vedere in questa scelta il solo desiderio di sottolineare il ricordo di un evento che, per quanto importante, rimane un fatto del passato. Il pellegrinaggio del popolo di Dio è vissuto sulla memoria, ma è sempre proiettato in avanti, e il ricordo dei doni della Provvidenza ci sostengono nel cammino verso la Patria.

            Papa Benedetto viene a Loreto per porre sotto la protezione della Vergine Santa l’Anno della Fede e la celebrazione del Sinodo dei Vescovi, dedicato allo studio della Nuova Evangelizzazione. Il Papa guarda quindi in avanti, e chiede alla Chiesa una coscienza nuova, per affrontare due impegni che ci coinvolgono tutti. Il gesto di portare le preoccupazioni pastorali del Papa ai piedi di Maria colloca in un piano di fede e di devozione questo momento della nostra storia, ed evita che si guardi ai temi da affrontare soltanto in una dimensione di organizzazione e di iniziative. Il dono del Concilio, che è ormai da quasi cinquant’anni patrimonio della Chiesa intera, deve essere scoperto e studiato di nuovo, apprezzato nella sua ricchezza, e vissuto da tutti. Se è vero che i frutti del Concilio sono stati già molti ed evidenti, è anche vero che molto resta da fare e che i tesori di quell’insegnamento non sono ancora stati compresi ed accolti nella loro completezza.

            Da parte mia, ho una seconda domanda, che guarda ancora una volta al gesto del nostro Santo Padre ed alla realtà umana alla quale esso è rivolto. In parole semplici: il Papa viene a Loreto per venerare la Santa Casa, ma nello stesso tempo incontra una piccola comunità cristiana, che vive attorno al Santuario e che si identifica con esso. Sono i fedeli della Prelatura territoriale di Loreto, piccola ma significativa, perché legata ad un luogo che è conosciuto ovunque nel mondo, e che da tutti è legato alla devozione verso la Madre di Dio.

            Papa Benedetto XVI parlerà alla Chiesa intera, ma i primi ad ascoltarlo saremo proprio noi, fedeli della Prelatura di Loreto. Questa circostanza ci chiama a sentire con senso di responsabilità l’impegno che ci è affidato. L’Anno della Fede coinvolge ogni figlio della Chiesa Cattolica, ma chiama a raccolta noi, prima di tutti, perché, essendo i primi a ricevere l’invito, dovremo essere i primi a rispondere all’appello del nostro Pastore.

            Accogliendo il Santo Padre, è nostro desiderio fare in modo che l’incontro sia bello e sereno. Siamo fin da ora felici che Egli venga a noi e la gioia per questo evento è evidente in ogni persona che vive a Loreto, ed anche, al di là dei nostri confini, in ogni persona che vive in questa regione marchigiana. Ma nello stesso tempo – e in questo so di poter parlare interpretando i sentimenti di tutti – vorremmo tanto che l’incontro sia di gioia e di consolazione per il Papa. Siamo coscienti, anche se limitatamente alle nostre possibilità di comprensione, di quanto sia grande il peso delle responsabilità che, di fronte a Dio e al mondo intero, Benedetto XVI sostiene ogni giorno. Ebbene, vorremmo tanto che la sera del 4 ottobre prossimo, rientrando nella sua residenza in Vaticano, il Santo Padre possa essere contento di aver incontrato tanti suoi figli che gli vogliono bene, che apprezzano la sua presenza e il suo insegnamento, e che, di fronte a lui, si impegnano a vivere l’Anno della Fede in un atteggiamento sincero di ascolto della Parola di Dio e di fedeltà alla Chiesa e al suo Pastore universale.