Dar um jeito

Alla fine del mese di ottobre 1970, era ora per me di tornare in Italia e mi era stata offerta la possibilità di viaggiare in una nave da trasporto della Sidermar, compagnia di navigazione che portava minerali ferrosi a Taranto. Le condizioni erano molto favorevoli: avrei dovuto pagare, se ricordo bene, 75 dollari americani, che allora equivalevano a 47.000 lire italiane.

            Da Salvador mi trasferii per alcuni giorni a Rio de Janeiro, dove, nella sede della Conferenza Episcopale, trovai alcuni documenti utili per la mia ricerca. Raffaele, mio compagno di seminario e di Accademia, di due anni più anziano, era allora segretario nella Nunziatura Apostolica. Mi aiutò a trovare le cose che cercavo e mi insegnò a usare un’espressione che, secondo lui, serviva per risolvere ogni situazione: “Dar um jeito”. L’espressione vuol dire: “Trovare un modo”, ma si adopera per chiedere di trovare comunque una soluzione per l’eventuale problema.

            Quando poi fui avvertito che la nave su cui dovevo viaggiare era in arrivo, risalii a Vitoria do Espirito Santo e fui per due o tre giorni ospite di una comunità di missionari Pavoniani. La partenza fu decisa per il 31 ottobre, e quindi mi recai al porto, per passare il controllo della dogana.

            Avevo con me quattro valigie, piene di oggetti di artigianato, avvolti in pacchetti ben confezionati, con tanto di nomi dei destinatari, per far credere che fossero doni per parenti e amici. In realtà, i vari oggetti nascondevano tutta la documentazione che avevo raccolto, materiale quindi estremamente delicato e pericoloso. Se fosse stato trovato, mi avrebbe creato grossi problemi ma, molto di più, avrebbe messo in pericolo quelli che me lo avevano fornito.

            Il doganiere mi chiese di aprire le valigie e cominciò a dire che tutta quella roba faceva pensare a una vera e propria operazione di esportazione. Spiegai la storia dei regali, ma lui cominciò a strappare la carta delle confezioni, per vedere dentro. Quando vidi la gonna di una grossa bambola spuntare dall’incarto, fui preso dal terrore: sotto la gonna c’erano diversi documenti.

            Questo era il momento in cui avrei dovuto dire la formula: “O senhor não pode dar um jeito?”, allungandogli anche i pochi soldi brasiliani che mi erano rimasti, e che non mi sarebbero serviti a nulla. Ma questo, per il panico che mi dominava in quel momento, mi venne in mente soltanto dopo.

            Meno male che il doganiere, visto forse che non riusciva a guadagnarci niente, mi lasciò andare, con le mie valigie. La paura è stata tanta, ma alla fine ero passato e, una volta salito sulla nave, mi chiusi in cabina e vi restai fino a quando non fui sicuro che eravamo in mare aperto.