Ognuno degli alunni dell’Accademia Ecclesiastica aveva a disposizione un appartamento, formato da studio, camera da letto e bagno. Un mio carissimo amico, Ettore, aveva il suo appartamento al quinto piano, proprio a fianco della residenza del Presidente.
Una delle prime volte che mi recai da lui per qualche faccenda, Ettore mi raccomandò di non fare chiasso nel muovermi, perché l’ospite dell’appartamento sotto il suo se ne sarebbe subito lamentato, chiamandolo per telefono. Lì per lì inventammo uno scherzo.
Cominciai a battere per terra con i piedi, e subito il telefono squillò. Ma invece di Ettore, risposi io: “Pronto, Tonucci”. “Ah, sei tu? Cercavo Ettore”. “Ma Buli non è qui. Questo è il mio telefono”. “Scusami, devo aver sbagliato numero”.
Ripetemmo la scena ancora una volta. Il povero Eugenio non poteva capire cosa stesse succedendo al suo telefono. Si scusò ancora con me e lo perdonai senza fare troppe domande. Credo che non abbia mai saputo quello che era successo.