Festival organistico lauretano

Sesto concerto – Naji Hakim

Loreto, 25 agosto 2010

L’antifona mariana che sarà presentata oggi, in questo ultimo concerto della stagione organistica lauretana, è l’Alma Redemptoris Mater – Santa Madre del Redentore. Si tratta di una breve composizione di undici versi, che, probabilmente, non ha bisogno di essere divisa in strofe. L’autore del testo, e, a quanto pare, sia delle parole sia della musica, è Ermanno il Contratto o il Rattrappito o lo Storpio, monaco dell’XI secolo, che ha composto anche il Salve Regina.

Quelli di voi che erano presenti al concerto del Maestro Raiser, dedicato al Salve Regina, ricordano forse che avevo promesso di dirvi qualcosa circa questo monaco, la cui storia, che è stata fedelmente tramandata, è interessante e persino commovente. 

Si trattava di uno dei quindici figli del conte di Altshausen, nella regione tedesca della Svevia, nato il 18 luglio 1013. Il bambino nacque fisicamente deforme e, con il passare del tempo, fu anche definito mentalmente deficiente. Il bello è che di questa famiglia nobile, che aveva dato origine a gentiluomini, crociati e alti prelati, nessuno è ricordato se non questo piccolo essere invalido. Non riusciva e stare in piedi né a camminare, sedeva malamente e con dolore su una sedia speciale fatta per lui, soffriva anche quando si stendeva sul letto, aveva le mani rattrappite e troppo deboli per scrivere, le labbra e il palato erano sformati al punto che le poche parole che riusciva a pronunciare erano difficili da intendersi. Ebbene, questo povero essere non fu rifiutato ma, a un certo punto della sua vita, fu dai suoi genitori affidato al monastero di Reichenau, costruito due secoli prima in un’isoletta del lago di Costanza.

Il monastero era uno dei grandi centri di cultura di quell’epoca, visitato da viaggiatori provenienti da tutto Europa, e nella sua biblioteca raccoglieva un grande numero di manoscritti della letteratura greca e latina. In questo ambiente molto stimolante, il ragazzo disabile ricevette una sorta di psicoterapia religiosa che permise alla sua lingua di sciogliersi e alla sua mente di aprirsi. Anche se sempre incomodo nella sua posizione e sempre accompagnato dal dolore, Ermanno divenne una persona ricca di qualità, che sono ricordate in una biografia scritta da un suo contemporaneo, il monaco Bertoldo. In definitiva, si afferma che, nel monastero, tutti volevano bene al piccolo storpio, che era piacevole, amichevole, allegro, tollerante e sempre corretto verso tutti.

Ermanno, che si definiva “l’infimo dei poveretti di Cristo e dei filosofi dilettanti, il seguace più lento di un ciuco, anzi di una lumaca”, studiò la matematica, il greco, il latino, l’arabo, l’astronomia e la musica. Per compiacere l’amico Bertoldo, e superando per questo la sua “massiccia pigrizia”, scrisse un trattato sugli astrolabi. L’astrolabio era uno strumento portatile, usato per determinare l’altezza del sole e degli altri corpi celesti, e per risolvere problemi di astronomia e di navigazione. Compose anche il Chronicon, ovverossia un’opera sulla storia del mondo intero, dalla nascita di Cristo ai suoi tempi, che fu giudicata straordinariamente accurata, obiettiva e originale. Con le sue mani rattrappite costruì astrolabi, orologi e strumenti musicali. Fa riflettere il rendersi conto che in un corpo così infelice potesse essere quasi prigioniero uno spirito così grande, un animo così nobile e un’intelligenza così vivace.

Nel contesto del concerto di questa sera, vale la pena di ricordare anche qualcosa che Ermanno scrisse a proposito della musica. Egli afferma che un buon musico dovrebbe essere capace di comporre un motivo passabile, o almeno di giudicarlo e poi di cantarlo. In genere, egli dice, i cantori si curano solo di cantare, senza prima pensare. Essi cantano, o per meglio dire si sgolano, senza rendersi conto che nessuno può cantare bene se la sua mente non è in armonia con la sua voce. Per tali cantanti da strapazzo, una voce forte è tutto quello che conta. Nessuno tollera gli errori di grammatica; tuttavia le regole della grammatica sono artificiali, mentre la musica sgorga diritta dalla natura e in essa non soltanto gli uomini non correggono gli errori che commettono, ma giungono fino al punto di sostenerli.

Quelli di voi che si intendono di musica vedano un po’ se, nelle parole del piccolo storpio non ci sia qualcosa di valido anche oggi

Veniamo dunque all’antifona che questa sera offrirà al Maestro Hakim lo spunto per un’improvvisazione.

Il tema del breve poema è quello dell’incarnazione del Figlio di Dio, ragione per cui questa antifona era in passato usata esclusivamente al termine della liturgia delle ore nel tempo di Natale. Ora può essere indifferentemente usata tutto l’anno, insieme con le altre antifone, e con la sola esclusione del “Regina coeli”, che è riservata al tempo pasquale.

Il titolo dato a Maria: “Redemptoris Mater – Madre del Redentore” è stato usato nel 1987 dal Papa Giovanni Paolo II per un’enciclica dedicata alla Madonna, che appunto, dalle prime due parole del testo, è chiamata“Redemptoris Mater”. Subito dopo, l’autore usa altri due titoli, che già conosciamo e che abbiamo visto usati nell’inno “Ave Maris Stella”: e cioè “Porta del cielo” e “Stella del mare”.

Alma Redemptoris Mater                    O santa Madre del Redentore,
Quae pervia coeli porta manes         porta del cielo sempre aperta,
Et stella maris                                     e stella del mare
Succurre cadenti                                  soccorri il popolo decaduto
Surgere qui curat populo                    che desidera risorgere.

Le parole che seguono hanno una ricchezza speciale, e dovrebbero farci ricordare un’espressione che Dante Alighieri ha usato nella preghiera di San Bernardo alla Vergine, nell’ultimo canto del Paradiso: “Vergine Madre, Figlia del tuo Figlio”.

Ermanno, con due secoli di anticipo aveva sottolineato il fatto della divina maternità di Maria, definito come dogma nel Concilio ecumenico di Efeso, del 431, attraverso un’immagine audace: Maria è Madre di Dio, e quindi Madre del suo stesso creatore e padre. L’idea è espressa bene in latino:

Tu quae genuisti, natura mirante                   tu che nello stupore della natura
Tuum sanctum Genitorem                            generasti il tuo Genitore.

  Segue ancora un’altra affermazione dogmatica, questa volta sulla perpetua verginità di Maria:

Virgo prius ac posterius                                vergine prima e dopo.

La fede della Chiesa è affermata con tutta chiarezza e semplicità: è verità di fede che Maria è rimasta sempre vergine, “ante partum, in partu et post partumprima del parto, nel parto e dopo del parto”, lasciando da parte le fantasie di certi gruppi protestanti, i quali avevano immaginato altri figli di Maria e Giuseppe, per risolvere le difficoltà di un paio di episodi del Vangelo, che hanno altre plausibili spiegazioni, senza negare un privilegio di Maria sempre affermato con forza nella tradizione autentica della Chiesa.

Gabrielis ab ore                                            tu che dalla bocca di Gabriele
sumens illud Ave                                          udisti quell’Ave
peccatorum miserere                                  abbi pietà dei peccatori.

          Anche in questi versi finali sentiamo espressioni che ci sono familiari: nell’inno Ave maris stella, che abbiamo commentato la volta scorsa, c’erano due versi identici: Sumens illud ave / Gabrielis ore. Non sarebbe affatto strano che, nel monastero di Reichenau si conoscesse l’inno, scritto già da alcuni secoli ed allora già patrimonio della devozione della Chiesa latina, e che quindi il Monaco Ermanno, nelle sue composizioni, abbia potuto ispirarsi a quanto già così bene scritto da altri prima di lui. Né è difficile immaginare che Dante Alighieri conoscesse ed usasse, nelle sue preghiere, l’antifona Alma Redemptoris Mater, che gli ha offerto il suggerimento per il bellissimo verso citato prima.

          Ermanno lo storpio morì il 24 settembre 1054, quando aveva appena 41 anni e, pur vivendo una vita difficile e piena di ostacoli, è stato capace di lasciare una profonda traccia nella storia, specialmente nella storia della Chiesa, dove, ancora oggi, sono innumerevoli le persone che recitano e cantano le due preghiere da lui composte e musicate: il Salve Regina e l’Alma Redemptoris Mater.

          Lasciando il campo al Maestro Hakim, potremmo ricordare le raccomandazioni di Ermanno: qui non si tratta della voce di una persona, ma delle tante voci di un organo grande e maestoso. Ugualmente, vorremmo sperare che le note espresse dall’organo non provocassero tanto rumore, ma fossero invece manifestazione di sentimenti in cui suono e pensiero vanno insieme, per dare spazio al godimento estetico, alla riflessione teologica e alla contemplazione amorosa della Santa Madre del Redentore.

          Grazie e buon ascolto.