Fine dei lavori

Con il passare degli anni, e con l’avvicinarsi probabile della mia partenza dal Kenya, i lavori di manutenzione dell’edificio della Nunziatura potevano considerarsi ormai completati.

Le ultime attenzioni sono state rivolte al giardino, che era stato del tutto abbandonato. Grazie all’attenzione di una delle suore della comunità, e alla buona volontà dei giardinieri, il grande spazio era tornato ad essere verde, con un prato ricco e spesso. Molte le aiuole di fiori, in modo che non era più necessario comperare i fiori per la cappella e per decorare la casa, come si era dovuto fare in passato,

È stato creato anche un orto, che ci permetteva di avere in tavola ortaggi di nostra produzione.

Al fine di garantire l’irrigazione del giardino, l’acqua piovana dei tre edifici – la Residenza, la casa delle suore e la casa del personale – è stata raccolta in tre cisterne sotterranee, che, in caso di emergenza, avrebbero potuto fornire acqua anche alle famiglie del quartiere vicino.

In fondo al giardino, proprio dove in passato si trovava uno scarico di immondizie, abbiamo creato un santuario all’aperto, suggestivo e ottenuto senza nessuna spesa. Un missionario passionista statunitense, dedicato a propagare la devozione ad un “Listening Christ – Cristo che ascolta”, ci ha fatto avere in regalo una statua in bronzo del Crocifisso, di 2 metri di altezza; il responsabile dell’azienda edile, che ci ha sempre assistito con i lavori di manutenzione, ha regalato le pietre per l’altare, l’ambone e la sede, e le ha fatte scolpire e collocare; l’elettricista, per non restare indietro, ha offerto l’illuminazione del monumento.

L’ultima opera importante è stata la copertura del traliccio, che reggeva il serbatoio dell’acqua della nostra sorgente, con una elegante torretta in pietra. Facendo il confronto tra il prima e il dopo, si può constatare che ne valeva davvero la pena.

Aggiungo un ultimo dettaglio: uno dei miei segretari di quegli anni ha insistito perché nel giardino si facesse una piscina, o, alternativamente, un campo da tennis. Ho rifiutato, perché ambedue le strutture mi sembravano inutilmente costose, da fare e da mantenere, e non adatte per una casa religiosa in terra di missione. Se fossi stato in territorio di lingua francese, avrei potuto parlare di “contre-témoignage”!

A suo tempo, dovetti rendermi conto che ero stato ingenuo. Un mio collega, costruendo la nunziatura in una nuova capitale, l’aveva fornita di piscina e di campo da tennis. Senza dubbio, con i dovuti permessi e forse anche con qualche lode per il lavoro ben fatto.