Gli uffici della Segreteria di Stato sono situati nel Palazzo Apostolico al livello della Terza Loggia, splendidamente decorata da artisti della scuola di Raffaello. Ogni giorno, andando e tornando, avevamo il privilegio di poterne ammirare la bellezza e di scoprirne nuovi particolari.
All’avvicinarsi della bella stagione, le grandi vetrate venivano protette con grandi tende, per evitare che la violenza del sole potesse alterare la vivacità dei colori. Per questa operazione, erano montati dei trabattelli, sui quali gli operai potevano salire in sicurezza. La presenza di queste attrezzature, nel mese di aprile del 1984, mi suggerì l’idea di usarli per poter scattare delle fotografie, avvicinandomi agli affreschi.
Il giorno dopo portai in ufficio la mia macchina fotografica e, a metà mattinata, uscii nella loggia per compiere la mia impresa. Mentre mi avviavo incontrai il Sottosegretario, Mons. Backis, che informai della mia intenzione. Mi arrampicai sul trabattello e cominciai a cogliere i dettagli più interessanti e raggiungibili da quella prospettiva.
Mentre ero assorbito nella missione, si avvicinò una guardia svizzera, che era di vigilanza. Con accento fortemente tedesco, mi chiese: “Scusi, Monsignore, lei sa che per fare qui fotografie ci vuole permesso?” Risposi subito: “Sì, sì, lo so”. Speravo che questo bastasse, ma lui non intendeva demordere, e insistette: “Ma lei ha questo permesso?” Per un istante mi sentii perduto, ma immediatamente venne l’idea giusta: “Sì, l’ho detto a Monsignor Sottosegretario”.
Questo gli bastò. Ringraziò e tornò al suo posto, in fondo alla loggia. Me l’ero cavata per poco, ma, in definitiva, non avevo detto una bugia, anche se l’informazione data a Backis era solo uno spunto di conversazione, e non una domanda di permesso.