Le due foto sembrano piuttosto banali. Se le riporto, è perché la suora che bacia devotamente il mio anello è una falsa suora, e il prete che concelebra con me è un falso prete.
Della suora, avevo già saputo che era stata espulsa dalla sua congregazione, ma che, pur essendo niente altro che una donna laica, continuava a vestire l’abito religioso. Evidentemente ne traeva qualche vantaggio, ma correva il rischio di essere arrestata per aver ingannato la gente sulla sua reale condizione.
Il prete, che diceva di essere fuggito dalla Repubblica Democratica del Congo per evitare la persecuzione politica, era venuto anche in Nunziatura, per spiegare la sua situazione. In una seconda visita, mi aveva parlato di alcuni abusi liturgici che, a suo parere, si compivano nella Cattedrale di Nairobi. Si trattava di dettagli di poco significato, ma indicavano certamente la sua competenza e una sua forte sensibilità per il decoro della liturgia.
Il 30 agosto 1997, nella parrocchia di St. Benedict a Nairobi, li ho trovati tutti e due. Avevo ormai seri dubbi sull’autenticità del prete, ma, dovendo presiedere la celebrazione, ero tranquillo che comunque l’Eucaristia sarebbe stata valida. Seguii attentamente i suoi gesti e devo riconoscere che erano perfetti. Diciamo pure che, anche se stava solo recitando, non faceva sbagli.
La soluzione definitiva ai miei dubbi la ebbi pochi giorni dopo. Erano venuti a Nairobi i Vescovi del Congo, per celebrare la loro Conferenza Episcopale, che non potevano tenere nel loro paese, diviso dalla guerra civile. Il falso prete, interrogato da un vescovo, affermò di appartenere a una certa diocesi, e gli fu detto che il suo vescovo era presente e lì vicino. Al che il simulatore sparì, e non fu più visto. Il suo vescovo, informato di tutto, spiegò che si trattava di un ex-seminarista, allontanato già dal seminario minore, ma che, evidentemente, aveva pensato di poter sbarcare il lunario facendo finta di essere prete.