Il grande progetto

Il Nunzio di Nairobi, come è stato già detto fin dall’inizio, è accreditato come Osservatore Permanente presso le due agenzie delle Nazioni Unite, UNEP e Habitat. La prima si interessa delle abitazioni umane, e quindi coinvolge il tema della famiglia. La seconda, si occupa di ecologia. Ambedue i temi sono di grande importanza e urgenza e meritano di essere seguiti con ogni possibile attenzione e competenza.

D’altra parte, l’impegno che richiede il lavoro della Nunziatura in se stessa, al servizio della Chiesa in Kenya, è grande, e occupa tutto il tempo di lavoro per il Capo Missione e per il suo collaboratore. Sarebbe necessario che ci fosse, a Nairobi, un secondo segretario che si occupasse esclusivamente delle due agenzie. Feci presente ai superiori della Segreteria di Stato questa esigenza, che fu giudicata fondata.

Feci quindi un passo in avanti, facendo notare che nella Residenza, così ampia ma così mal distribuita, non ci sarebbe stato lo spazio per stabilire un ufficio separato per il lavoro con le due agenzie. Anche in questo, la mia analisi fu approvata. Ne derivava la necessità di ampliare l’edificio della Nunziatura, impresa non facile, per il modo in cui l’edificio era stato concepito: in nessun lato era possibile allargare la struttura, e l’unica opzione che restava era quella di aggiungere un piano in altezza.

Secondo la moda del tempo in cui era stata costruito, l’edificio non aveva un tetto ma una terrazza, che ne copriva l’intera superficie. Con le frequenti e abbondanti piogge tropicali, dopo qualche tempo, per evitare le infiltrazioni d’acqua, la terrazza dovette essere protetta da una brutta copertura in alluminio e plastica. Consultando le persone che avevano diretto la costruzione, più di trent’anni prima, e che erano ancora presenti e attive, ricevetti l’assicurazione che la struttura della casa era abbastanza solida per sostenere un piano in più, specialmente se questo fosse stato costruito con i moderni materiali leggeri.

Si trattava ora di affidare a un architetto il compito di elaborare un progetto. Lo avevo già interrogato in maniera informale, ma se gli si chiedeva un disegno vero e proprio, si doveva prevedere una spesa, per la quale chiesi l’autorizzazione, che ottenni: che si procedesse con la progettazione, perché l’ampliamento previsto sarebbe stato realizzato.

Il lavoro prese tempo, ma l’architetto lo svolse in maniera egregia e con entusiasmo. Anche il mio segretario, Michael, ed io stesso, ci demmo da fare per fornire idee e suggerimenti: lo spazio era enorme e ci volle molta creatività per occuparlo tutto, con gli appartamenti di abitazione, e in più il ginnasio, la biblioteca, il laboratorio. Si era previsto anche l’utilizzo di pannelli fotovoltaici, per guadagnare l’indipendenza energetica. Alla fine, dopo un buon numero di correzioni e di ripensamenti, fieri di quello che avevamo fatto, inviammo il tutto a Roma. Là si sapeva anche che questa impresa non avrebbe richiesto neppure un soldo all’amministrazione.

Era il 2002, ma non ho la data precisa dell’invio. Non ricordo neppure quanto tempo sia trascorso dall’invio del progetto alla risposta, ma la sentenza non giunse, come sarebbe stato più semplice, attraverso una lettera, ma attraverso un messaggero appositamente inviato dal Vaticano a Nairobi.

Ricevetti una telefonata da un pezzo importante della Segreteria di Stato: “Giovedì prossimo vengo in Kenya. Sarai a Nairobi?” “Non dovrei esserci, ma ci sarò”.

Sorprendente la ragione del viaggio: comunicarmi che il SdS non permetteva l’esecuzione del progetto, perché io avrei fatto lavori in Nunziatura senza chiedere il permesso.

Ho già spiegato in che modo i lavori erano stati permessi, e anzi richiesti, e tenuti sotto controllo costante. Se tra i diversi responsabili non c’è stata comunicazione in proposito, non sono certo io a doverne essere responsabile. La cosa buffa è che sono stato accusato del contrario, proprio la volta in cui le cose, data la dimensione del progetto, erano state fatte in completa chiarezza e con la documentazione necessaria.

Il mio interlocutore mi ha dato anche un’informazione interessante: “Non so perché, ma quando metto il tuo nome nella terna per un trasferimento, lui lo toglie sempre”.

Andando più tardi a Roma, ho chiesto che cosa avrei dovuto fare per superare questo contrasto: cosa dovevo cambiare o correggere nel mio modo di fare, a chi dovevo chiedere scusa… Risposta: “Non ti preoccupare. A novembre il SdS compirà 75 anni di età, e allora tutto andrà a posto”. Più chiaro di così! Ma a settembre non accadde nulla, e il SdS restò in sella ancora a lungo.

Nel frattempo, i soldi per il progetto dell’architetto, che sarebbero stati assorbiti nell’opera intera, hanno dovuto essere pagati e, invece di limitarsi a scrivere una lettera, si è speso anche per un viaggio aereo di andata e ritorno per Nairobi. Tanto per apprezzare l’attenzione amministrativa! Ma intanto il sogno del grande progetto è stato sepolto, forse per sempre