Il materasso

Il titolo può sembrare banale, ma è proprio di questo che intendo raccontare, a proposito della prima orinazione episcopale che sono stato chiamato a celebrare. Era l’11 settembre 1999 e Mons. Peter Kihara, missionario della Consolata e keniano, doveva essere ordinato vescovo per la diocesi di Murang’a.

Il rito, solenne e ben preparato, si svolse all’aperto, in un ampio spazio vicino alla Cattedrale, dato che l’edificio era troppo piccolo per contenere la grande folla intervenuta. Come ho già spiegato nel capitoletto precedente, la celebrazione fu interamente svolta in swahili. Per me fu la prima volta, ma ormai mi sentivo capace di farlo, e lessi in quella lingua anche la lunga omelia. La mia impressione è stata che questa fu non solo capita, ma persino apprezzata dagli ascoltatori.

Uno dei momenti più suggestivi dell’ordinazione è quello della prostrazione del candidato, il quale rimane steso davanti all’altare durante il canto delle litanie dei santi. Subito dopo ha luogo l’imposizione delle mani e quindi l’orazione consacratoria.

Mentre si preparava la prostrazione, fu grande la mia sorpresa quando vidi che alcune persone, evidentemente già pronte, portarono davanti all’altare e al celebrante un materasso nuovo, su cui l’episcopabile si prostrò. Avrei voluto intervenire, per spiegare che si supponeva che il candidato restasse prostrato per pregare e non per fare una pennichella. Ma dovetti rendermi conto che ero l’unico a vedere strana quella presentazione, e decisi di far finta di niente.

In seguito ricevetti adeguati chiarimenti: in occasione dell’ordinazione – e questo vale anche per i presbiteri – il gesto della prostrazione aveva suggerito la necessità di presentare un bel materasso, sia come strumento di utilità immediata, sia come regalo per l’ordinato, che l’avrebbe usato in seguito nella casa parrocchiale o episcopale.

Naturalmente, nelle occasioni seguenti, mi opposi a questa novella tradizione e chiesi che si usasse o un tappeto e, quando possibile, una pelle di animale. Non fu facile, ma riuscii a ottenerlo.