Il panino di Santa Paola

Nei primi mesi di permanenza a Roma, mi era difficile arrivare all’ora di pranzo senza mettere qualcosa sotto i denti a metà mattinata. Per anni avevo mangiato all’1:00, mentre ora uscivo dall’ufficio all’1:30, e quindi non pranzavo mai prima delle 2:00.

            Per superare la difficoltà, chiesi alle suore che prestavano servizio nella casa parrocchiale di Santa Paola, dove mi recavo per i pasti, di prepararmi un panino da portare con me in ufficio. Così, per diverse settimane, fatta colazione, scendevo in Vaticano con la mia provvista di sostentamento in un sacchetto di carta.

            A mano a mano, però, mi resi conto che la cosa non doveva essere molto gradita alle suore: il panino diventava sempre più difficile da mangiare, fatto di tanto pane e scarso companatico. Un giorno mi trovai con una grossa pagnotta con una sola fettina di salame. Cominciai a pensare che forse era ora di smettere di chiedere questo servizio.

            Se non sbaglio, fu proprio il giorno dopo che, nel sacchetto, trovai due grosse fette di pane con dentro un paio di fettine di patate lesse. Fu così che dichiarai alle suore che ormai ero abituato ad arrivare all’ora di pranzo, senza dover mangiare altro, e che quindi non avevo più bisogno del loro panino.