Il Ping-Pong e la pista in casa

Nell’appartamento nel palazzo del Sant’Uffizio, in cui ho abitato per sette anni, dal 1978 al 1984, lo spazio era abbondante. Anche se il mezzanino non era ben sistemato ed aveva alcune stanze poco illuminate, c’erano due grandi camere, che potevano servire per alloggiare ospiti e anche per collocare strumenti di lavoro e di divertimento.

            Difatti, in una delle due stanze ho portato un tavolo da ping-pong, che fu accolto con entusiasmo dai miei nipoti e dai ragazzi del gruppo scout di Santa Paola, che venivano apposta, per sfidarsi in accese competizioni e alla fine per sfidare me. Devo dire che, avendo ripristinato le mie antiche abilità, che risalivano ai tempi dell’Azione Cattolica e poi del seminario, me la cavavo molto bene e difficilmente perdevo una partita.

Nell’altra stanza avevo tutto il necessario per lavorare la creta. Dato che c’era poi sufficiente spazio libero, due amici del gruppo portarono le loro piste di Poli-Car e di due ne fecero una molto lunga, che vennero a usare alcune volte.

            Riguardo a questo gioco, il mio problema era quello di non avere l’automobilina per poter partecipare alle competizioni e allora decisi di comperarmene una. Avuta l’indicazione del negozio che le vendeva, andai e chiesi quello che volevo. I modelli erano diversi, e mi ci volle un po’ di tempo per trovare quella che rispondeva al mio gusto.

            Mentre pagavo, mi venne in mente che il negoziante poteva avere una strana sensazione, nel vedere un prete di mezza età che comperava un giocattolo da ragazzino. A vendita conclusa, lo salutai e, per sistemare la situazione, gli dissi: “Speriamo che gli piaccia!”, alludendo a un ipotetico nipote per il quale facevo finta di comperare l’automobilina.

            Non riuscii mai a destreggiarmi bene con quell’attrezzo e, dopo qualche tentativo mal riuscito, la grande pista rimase inutilizzata.

Stefano
Simone