Il presidente Reagan

Quando arrivai negli Stati Uniti, il Presidente Ronald Reagan stava completando il suo secondo mandato, ed era già in corso la preparazione alla campagna elettorale del 1988, per la quale i diversi candidati si stavano confrontando. In campo repubblicano, sembrava sicura la candidatura del Vice Presidente Bush, mentre tra i democratici la lotta tra molti aspiranti si sarebbe conclusa con la vittoria del Governatore del Massachusetts, Michael Dukakis.

            In quei mesi, ho avuto solo due occasioni di vedere, sempre a una certa distanza, il Presidente Reagan. La prima volta, fu nella Cattedrale Episcopaliana di Washington, in occasione del funerale di un ministro del Governo Federale, morto per una caduta da cavallo. Reagan prese la parola, per ricordare il suo collaboratore e amico.

            Vidi bene che, per il suo discorso, il Presidente non aveva un testo completo, ma solo un foglietto con degli appunti. Eppure il suo intervento fu molto efficace: sobrio ma commosso, con diversi spunti personali, e presentato con una notevole maestria oratoria. La grinta del vecchio attore si rivelava in pieno.

            La seconda volta fu favorita da un amico della Nunziatura, che lavorava alla Casa Bianca. Il 23 settembre 1988, Reagan con la moglie Nancy doveva partire in elicottero ed era possibile per un certo numero di persone, ben selezionate, di essere presenti. Per lui si trattava, evidentemente, di una occasione per riscaldare l’entusiasmo dei suoi fedelissimi. Non c’era però in lui un fine elettorale, perché non avrebbe potuto presentarsi alle elezioni per un terzo mandato, non previsto dalla Costituzione. Fui quindi presente alla partenza, insieme con mio nipote Simone.

            Per la partenza dell’elicottero, era sempre seguita una prassi di sicurezza: un secondo elicottero, identico a quello in cui viaggiava la coppia presidenziale, volava sopra l’eliporto; quando cominciava il volo, i due elicotteri facevano una specie di balletto, in modo che non si capisse più quale fosse il primo, e poi partivano in due direzioni diverse. Mi era stato spiegato che questo era fatto per confondere gli eventuali attentatori. Sapendolo, cercai di seguire bene l’elicottero del Presidente, ma in breve dovetti riconoscere di non sapere più quale dei due fosse quello giusto.

             Da persone vicine al Presidente, e anche da suoi critici, ho sentito dire che Reagan sentiva molto la sua responsabilità verso i cittadini degli Stati Uniti, al punto di riconoscere pubblicamente anche i suoi sbagli. Il che gli ha sempre garantito una grande popolarità, dato che la sincerità è considerata una qualità imprescindibile in un uomo politico.

            Mi è stato anche raccontato un dettaglio interessante nel modo di fare di Reagan, proprio in riferimento a quella che egli considerava la sua responsabilità verso gli americani: con l’avanzare degli anni, avrebbe avuto bisogno di occhiali, per leggere il testo dei discorsi. Con gli occhiali da presbite, però, egli non avrebbe potuto vedere direttamente i suoi ascoltatori, perdendo quindi il contatto con loro e appannando la sua fama di grande comunicatore. Trovò quindi la soluzione, educandosi ad usare una lente a contatto per leggere mentre con l’altro occhio, senza lente, avrebbe mantenuto il contatto visivo con le persone davanti a lui. Una bella lezione per tanti.

Interno della Cattedrale Episcopaliana

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