Non sono sicuro che avesse chiesto un appuntamento. Di fatto, me lo sono trovato davanti, in Nunziatura: piccoletto, malvestito, con un possesso mediocre dell’inglese. Si lamentava del Vescovo, che lo lasciava senza i soldi per la benzina. Cercando di capire meglio la situazione, ho scoperto che, essendo stato ordinato presbitero quattro anni prima, era stato più volte sospeso “a divinis”, al punto che forse era più il tempo passato in punizione di quello trascorso in una normale vita sacerdotale. E anche adesso era sospeso.
Insisteva sul fatto della benzina, mentre io cercavo di capire come potesse vivere il suo sacerdozio, con questi lunghi periodi in cui non poteva celebrare Messa. Quando precisai le mie domande, sembrò stupito. Non gli chiesi mai per quale ragione fosse stato sospeso, ma insistetti nel voler capire che razza di prete fosse.
A un certo punto, gli dissi: “Lasciamo perdere il fatto che io sono il Nunzio Apostolico. Parliamo come fratelli sacerdoti”. E così andammo avanti per un buon tempo. Alla fine mi disse: “Sai? È la prima volta che parlo così con un mio confratello”.
Per un momento, mi fece piacere sentirgli dire questa cosa. Ma poi pensai, con tristezza: “Ma non ha un Vescovo? Non ha dei confratelli sacerdoti?” Che preti in difficoltà, come certamente era quel pretino, fossero lasciati soli nell’affrontare i loro problemi era molto triste. E temo che lo sia ancora.