Insegnante di religione

Subito dopo la Pasqua del 1968, Monsignor Igino Tonelli, professore di religione al Liceo Classico di Fano, morì dopo breve malattia. Per incarico del Vescovo, andai ad avvertire gli alunni dell’accaduto, ricordando che il loro professore, pensando ad una Messa speciale per la Pasqua, mi aveva detto: “Troverò un’occasione adatta per la celebrazione”. L’occasione adatta fu quella dei suoi funerali, nella basilica di San Paterniano, che videro una partecipazione numerosissima dei suoi alunni.

            Subito dopo, si pose il problema di sostituire l’insegnante, e, dato che alcuni preti della diocesi avevano presentato subito la loro candidatura, il Vescovo mi chiese di farmi carico della supplenza. Se qualcuno avesse avuto da ridire, si poteva spiegare che io dovevo comunque andare a Roma e quindi non stavo occupando il posto di nessuno. Inoltre, lo stesso Vescovo decise che lo stipendio che avrei ricevuto per il paio di mesi di impegno sarebbe andato a vantaggio di don Paolo, per la sua missione in Brasile.

            A parte la difficoltà di dover unire le ore di religione al Liceo con il lavoro di segretario del Vescovo, l’impegno non fu particolarmente gravoso. Potrei anzi dire che mi trovai abbastanza a mio agio, nonostante il poco tempo a disposizione per preparare le lezioni.

            Ma la parte più ostica doveva arrivare quando, terminato l’anno scolastico, dovetti seguire gli scrutini, affrontando un’esperienza per me completamente nuova e mai immaginata prima.

            Si trattava in pratica di decidere il destino di ragazzi e ragazze, per l’estate che cominciava, giudicando il loro rendimento durante l’ultimo trimestre di scuola. Allora chi avesse manifestato delle carenze in una o più materie, poteva essere rimandato agli esami di riparazione, che si tenevano a settembre. Con più di tre materie insufficienti si era condannati a ripetere l’anno.

            L’atteggiamento tenuto dai vari professori era molto differenziato: alcuni erano soltanto fiscali, considerando solo la media dei voti; altri erano più disposti a considerare i segni di progresso o di regresso manifestati dagli alunni durante l’anno. Intervenire per me non era facile, anche perché il professore di religione non aveva la possibilità di assegnare voti. Ma con il passare dei giorni presi coraggio, e riuscii anche a fare qualche intervento polemico. Al mio fianco c’era il professore di ginnastica, Aldo Zengarini, che era stato anche mio apprezzatissimo professore e che, in quelle circostanze, stimai ancora più di prima. Era evidente che proprio lui conosceva meglio di ogni altro i ragazzi, e li conosceva come persone e non semplicemente come alunni. Furono combattute diverse battaglie, ma troppo spesso furono battaglie perse: il conto dei voti era la cosa che importava di più, e, quando un insegnante si impuntava su questo, c’era poco da discutere.

            Se la breve esperienza di insegnamento mi era piaciuta, l’impatto dei giorni degli scrutini fu tale da non farmi mai rimpiangere di non essere stato chiamato a svolgere quell’incarico.