Ivo Amaduzzi

Nel registro dei battesimi del Duomo, in data 7 dicembre 1941, sono elencati i cinque nomi, che mi furono dati allora. Babbo aveva i suoi gusti in materia, e, dopo “Giovanni”, nome scelto solo perché piaceva – e meno male! -, volle ricordare diverse persone: il Vescovo di allora – Vincenzo, il sacerdote che celebrò il battesimo – Felice, il Santo sepolto sotto l’altare della Cattedrale – Fortunato. E infine l’ultimo tocco: Ivangelo, dagli zii Ivo e Angela Amaduzzi, che furono i miei padrini.

          La nostra relazione era cominciata allora, ed è poi continuata con intensità diversa, a seconda delle circostanze della vita: io a Fano e loro a Rovigo, loro a Fano e io in giro per il mondo. Ma quando potevo, una visita ai padrini la facevo volentieri, attirato sempre dalla vulcanica personalità dello zio Ivo, e dalla solida presenza della zia Angela, che metteva ragione e concretezza alle idee del marito.

          Un solo esempio: nella città di El Alto, sopra La Paz, in Bolivia, c’è una scuola, elementare e media, intitolata a Giovanni Paolo II, con l’aula magna dedicata a Don Guido Berardi. I fondi per costruirla furono tutti offerti dallo zio Ivo, che credeva nell’importanza della scuola, e provenivano dalla vendita del suo libro su Don Guido e dalla generosità di suoi amici, da lui conquistati alla causa.

          Ora che Ivo ci ha lasciati, perché è nato ad una vita più vera, possiamo ricordare di lui i libri, gli articoli, la lunga esperienza nella scuola e nella vita politica e sociale della città. Da parte mia, insieme all’affetto di nipote e figlioccio, porto nel cuore quella scuola, da lui voluta e costruita per dare un’istruzione adeguata ai bambini poveri dell’altipiano andino.