La fabbrica di sigarette Bastos aveva, nel quartiere che portava lo stesso nome, una piscina alla quale si poteva accedere con una tessera, che era sempre offerta in omaggio ai diplomatici. Ne ho fatto qualche uso, pur senza esagerare.
La prima volta che ci andai, era ancora in Nunziatura il mio predecessore, Pietro Sambi. Ci conoscevamo dal seminario, dove lui era due anni avanti a me. Mi accolse anche in Accademia e, alla fine del mio primo anno di studio, partì per la sua prima missione, che era, appunto, il Camerun. Fui quindi io ad andare a Yaoundé per prendere il suo posto. Rimanemmo insieme per un mese intero, dato che il Nunzio, due giorni dopo il mio arrivo, era partito per un mese di vacanza.
Seppi allora dell’esistenza di questa tessera per andare in piscina e convinsi Pietro a farne uso. Il primo problema era che lui non aveva un costume da bagno e, nei pochi negozi della città, non si trovava nulla che potesse andare bene per le sue dimensioni, già allora notevoli. Quando finalmente trovammo qualcosa di ragionevole, ne fece la prova protetto da una porta a libretto, con ampie fessure verso la strada. Mi misi davanti per proteggere la sua dignità. Tornati a casa, Pietro fece una prova più tranquilla, e l’esito fu un generoso strappo nel didietro dei pantaloncini, poi restaurati con l’aggiunta di un pezzo in più, usando il tessuto della piccola tasca.
Quando finalmente andammo in piscina, le situazioni comiche continuarono, dato che Pietro non sapeva nuotare. Allora potevo ancora tuffarmi (le mie orecchie non erano ancora completamente guaste come sono ora), e Pietro volle provarci anche lui. Diede una panciata incredibile e, quando gli andai vicino per soccorrerlo, mi disse soltanto: “Mi sono tornati su tutti i cavoli del pranzo di oggi!”
In seguito, continuai ad andare, con poca regolarità, ma contento di non trovare quasi mai altri nuotatori. Il fatto è che la gran parte dei diplomatici andavano alla piscina dell’Intercontinental Hotel, ben più lussuosa e con un ambiente di livello molto “alto”. Il che era sufficiente perché considerassi l’ambiente per me sgradevole e inopportuno.
Negli ultimi mesi della mia permanenza a Yaoundé non potei andare più a Bastos, per una ragione semplice, anche se banale. Il Nunzio era cambiato e il nuovo era arrivato da poco. Una mattina il tempo era buono e non avevo nessun lavoro pendente. Preparai quindi la borsa e passai ad avvertire il Nunzio che stavo andando in piscina. La sua reazione fu di incredulità: “Come sarebbe a dire che lei va in piscina? La mattina si lavora, non si va fuori”. “Ma non ho niente da fare: non c’è niente che aspetti. Ma se lei ha qualcosa da darmi, lo farò”. “No, non ho niente di nuovo, ma la mattina si resta in casa. In piscina ci andrà nel pomeriggio”. “Il fatto è che la piscina è all’aperto, e nel pomeriggio pioverà”. “E chi l’ha detto?”. “La stagione delle piogge è cominciata, e si è già stabilito il ritmo normale: se la mattina c’è il sole, il pomeriggio piove”. “Ecco il sapientone! Vedrà che non è così. Comunque la mattina si rimane a lavorare in casa”. Come previsto, nel pomeriggio piovve.
E fu così che, fino alla mia partenza da Yaoundé non andai più in piscina.