Deve essere successo in occasione di una mia visita a Fano, probabilmente attorno a Natale. L’albero di cachi sotto casa era pieno di frutti e babbo, a cui i cachi non piacevano, voleva che fossero raccolti.
Insistette molto, così che alla fine scesi con la scala a libretto e cominciai a raccogliere i cachi. In breve ne avevo riempito un paio di cestelli, e sull’albero ne restavano solo alcuni, molto in alto e difficili da raggiungere.
Babbo scese anche lui e, dal basso, mi dava consigli. Quei pochi cachi rimasti gli sembrarono sprecati: “È un peccato lasciarli lì”. Gli spiegai che non era facile arrivare fino a lì, e c’era qualche rischio perché i rami erano molto sottili. Insistette comunque.
Mentre stavo cercando di allungarmi il più possibile per aggiungere gli ultimi frutti, passò un amico di mio padre, che gli chiese, ovviamente, come stava. E babbo prese subito a lamentarsi: “Vedi, ci sono quei bei cachi, ma ji so vechi e lu én è bòn! – io sono vecchio e lui non è capace!”
Sentii forte la tentazione di scaraventargli un caco sulla testa, ma non lo feci. E da allora sentii la sua affermazione – “lu én è bòn – come una adeguata definizione delle mie scarse qualità.