Marc Allen

Nei ricordi sugli anni vissuti a Belgrado, avevo scritto qualcosa circa il Consigliere dell’Ambasciata inglese Marc Allen, quello, tanto per intenderci, che mi aveva fatto fare una brutta figura con gli spaghetti ai quattro formaggi. Lasciata la Jugoslavia, era stato trasferito a Londra, ma abbiamo continuato a mantenere contatti. Il giorno della mia ordinazione episcopale a San Pietro, il 6 gennaio 1990, era presente anche lui, con moglie e figli.

Quando ero già a Nairobi, Marc mi informò del fatto che sarebbe venuto in Kenya, per una missione speciale. Nel mese di maggio 1997 passò qualche giorno presso l’Ambasciata britannica, e quindi venne per il resto della sua permanenza in Nunziatura. Alla mia domanda di quando sarebbe diventato ambasciatore, mi spiegò che non era mai stato membro del Corpo Diplomatico, perché apparteneva ai servizi segreti britannici. Quando era a Belgrado, era sotto copertura, e svolgeva missioni segrete, mentre ora lavorava alla luce del sole. Difatti era venuto per parlare direttamente con il Presidente Moi.

Uno dei miei segretari, a sentire che Marc apparteneva all’MI6, fece notare che era l’agenzia di James Bond, l’agente 007! Alla sua richiesta se quello fosse il suo lavoro, Marc rispose: “Il lavoro è quello, ma il glamour è differente”. E il termine “glamour” può essere tradotto con “fascino”, o “prestigio”. Forse anche con “scena”. In definitiva, con quello che aveva fatto lui, non si sarebbe potuto girare un film di successo.

Nel mese di novembre 1998, Marc venne di nuovo, insieme con sua moglie Maggie. La domenica 8 vennero con me a Kapsabet, in diocesi di Nakuru, per una speciale celebrazione, nel corso della quale presentai alla parrocchia una statua di San Pietro, appositamente modellata dallo scultore Joseph Kenyata.

Al ritorno verso Nairobi, siamo stati coinvolti in un incidente: un uomo ubriaco attraversò improvvisamente la strada davanti alla nostra auto e fu investito. Fu subito portato all’ospedale, ma non aveva riportato danni molto gravi. In compenso, il nostro parabrezza fu distrutto per metà. La polizia ci chiese di scrivere le nostre testimonianze e considerò il caso chiuso. Il viaggio verso Nairobi fu piuttosto disagevole, perché l’aria fredda della sera e una leggera pioggia entravano tranquillamente nell’abitacolo.

Ci fu un seguito, quando gli avvocati dell’uomo investito presentarono un lungo memorandum, per sostenere il suo diritto ad essere ricompensato per il danno subito. Ma la loro denuncia non ebbe seguito, per evidente mancanza di argomenti a suo favore.