Messa Crismale

Loreto, 13 aprile 2017

          Nella sinagoga di Nazaret, Gesù applica a sé la profezia di Isaia: egli è stato consacrato con l’unzione ed ha ricevuto la missione di annunciare la lieta notizia ai poveri, la liberazione ai prigionieri, la vista ai ciechi, la fine dell’oppressione per chi soffre. La parola del profeta vive in lui e il Signore la trasmette a noi, affidandoci la continuazione di ciò che egli ha cominciato, ma che sta a noi portare a termine, in unione con lui e contando sulla sua costante presenza in ciascuno di noi, suoi discepoli.

          Nel rito che stiamo celebrando, vediamo simboleggiato il nostro cammino di fede, che si manifesta attraverso gesti in cui l’olio, oggi benedetto, diventa strumento della grazia di Dio: per accoglierci come figli di Dio e della Chiesa, nel Battesimo; per farci sentire ormai adulti nella fede, nella Cresima; per accogliere la predilezione di Dio che ci sceglie come suoi ministri, nell’Ordine Sacro; per ricevere la forza dello Spirito per affrontare lo stato di debolezza e di malattia, nell’Unzione degli Infermi.

          L’uso più prossimo del Sacro Crisma, per quanto possiamo prevedere, sarà l’amministrazione del sacramento della Confermazione ai giovani ragazzi e ragazze che ci accompagnano in questa celebrazione. Nel confezionare il Sacro Crisma, all’olio, che sappiamo essere frutto dell’ulivo, si aggiunge un liquido profumato, che, da ormai alcuni anni, è l’estratto di bergamotto proveniente dalla diocesi di Locri, in Calabria. Vale la pena riflettere su questo gesto e su questa sostanza, che dà alla nostra celebrazione, già importante, un significato ancora più profondo.

Locri è collocata in una delle zone del nostro Paese che vivono con la piaga della criminalità organizzata. Che la si chiami mafia o camorra o ndrangheta, la realtà è la stessa: parliamo di organizzazioni di ladri e assassini, che hanno il solo interesse di fare soldi, dominando gli altri e facendo fuori quelli che non si lasciano dominare.

          Potremmo pensare che noi abbiamo ben poco a che fare con queste cose, a parte il fatto che ne sentiamo parlare costantemente dalla radio e dalla televisione. Invece questa realtà è molto più vicina a noi di quanto non potremmo pensare, e si manifesta come complicità con i criminali.

          Mi spiego: le attività più comuni e redditizie delle grandi mafie mondiali, che hanno i loro tentacoli di attività in ogni parte del mondo, sono il commercio di armi, il commercio di droga e il commercio di pornografia.

I risultati di queste attività li possiamo constatare quotidianamente, in una traccia di sangue che abbraccia il mondo intero: ogni giorno migliaia di persone muoiono violentemente per mantenere in vita questi commerci criminali.

Le bombe e i fucili mitragliatori che usano i terroristi, che siano dell’Isis o di Boko Haram o di altri gruppi criminali, nascono altrove e sono venduti a caro prezzo da gente che si suppone rispettabile. L’Italia produce e vende armi; la Svezia produce e vende armi; gli Stati Uniti producono e vendono armi. Ma naturalmente senza nessuna cattiveria: loro le vendono solo, mica le usano. Non vogliono fare del male a nessuno. Fanno soltanto in modo che altri facciano del male. Quanto sangue e quante vittime, complici o innocenti, in cambio di quel denaro.

          Anche chi produce droga normalmente non la usa: sono gli altri, liberi di usarla se lo trovano interessante. “Io la produco solo, non faccio niente di male”. Ma dal produttore, nelle strette valli dell’altipiano andino, agli ultimi consumatori, nelle strade delle nostre città, quanto sangue e quante vittime, complici o innocenti, in cambio di quel denaro.

          Se poi parliamo di pornografia, potremmo considerarla soltanto un divertimento innocente: niente di male, soltanto qualcosa per rallegrare quelle persone che liberamente ne vogliono approfittare. Sappiamo però che parliamo di un mercato mondiale, basato sulla prostituzione di migliaia di persone, che si mettono in vendita per un po’ di denaro. E procureranno molto più denaro a chi li sfrutta. Quanto poi all’innocenza di questi divertimenti, si sa quale ne sia l’influenza terribile per banalizzare e rendere grottesca ogni relazione umana, rendere uomini e donne non più persone ma oggetti, suscitare reazioni di violenza di fronte ad ogni comportamento che non corrisponda a quei canoni falsi, ma presentati come ideali.

          Adesso mi aspetto la domanda, che non esprimete ma che avete in testa: “Cosa ha a che fare con noi tutto questo? Siamo sacerdoti dediti al nostro ministero. Siamo ragazzi puliti che si preparano alla Cresima. Siamo persone oneste e non abbiamo niente a che fare con queste realtà perverse”.

          Tutto vero. Eppure non del tutto vero. Si parla tanto di bullismo tra i più giovani. Quando si è capaci di simili bassezze, per umiliare e soggiogare compagni e compagne più deboli, si è già avviati nella strada della violenza. Si intraprende già il cammino della prepotenza e della crudeltà. Si è già pronti a diventare assassini e terroristi, di quelli che, nella loro perversione, si divertono a uccidere, con la scusa di avere paradisi speciali che li aspettano.

Si sa dell’uso di droghe anche tra i giovanissimi. Anche un solo tentativo, tanto per provare, ci rende già deboli e pronti a cadere nella dipendenza. E subito ci fa complici di quella scia di sangue che abbraccia il mondo in una stretta mortale. Non è sufficiente cavarsela con “ma solo un po’”: complicità è complicità, e le mani sporche di sangue non lo sono solo un po’: sono sporche e basta.

Anche una sbirciatina a siti pornografici è cosa da poco. Ma è qualcosa che ci sporca dentro, falsifica la percezione della santità della vita affettiva e sessuale. E ci fa complici dei mercanti di pelle umana, esibita a pagamento per il godimento dei guardoni.

Non c’è nulla che sia da poco in queste cose: la camorra di Locri ce lo insegna, e il profumo del bergamotto ci deve ricordare un impegno di correttezza.

Mi direte che sto esagerando: i ragazzi che si preparano alla Cresima sono buoni e bravi, e io sono disposto a crederci. Ma quello che chiedo a loro è di essere buoni, bravi ed anche coraggiosi. Perché non soltanto devono resistere alle sollecitazioni che possono arrivare, per spingerli a fare cose del genere che abbiamo ricordato; devono anche essere capaci di far capire ai loro compagni che in queste faccende non c’è niente di normale, naturale e accettabile, nessuna è una cosa da poco. Si tratta invece di una terribile complicità con i criminali. Il sacramento della Confermazione, cari ragazzi, vi darà la forza dello Spirito per entrare senza paura in questa guerra, che noi facciamo non per uccidere ma per salvare.

           E cosa dice a noi sacerdoti tutto questo? Nelle promesse che rinnoveremo tra poco, ci impegniamo “ad adempiere il ministero della parola di salvezza, sull’esempio di Cristo, capo e pastore”. Cristo non ha taciuto di fronte alle miserie della gente del suo tempo. La sua misericordia si è manifestata proprio attraverso il desiderio di abbracciare i peccatori, rendendoli coscienti del male che stavano facendo e si stavano facendo. La domanda che vi rivolgerò, rivolgendola nello stesso tempo anche a me, continua dicendo che dobbiamo compiere il ministero della parola “lasciandoci guidare dall’amore per i nostri fratelli”. L’insegnamento chiaro e completo non è una forma di vessazione ma è segno di amore per i nostri fratelli e le nostre sorelle, che hanno il diritto di sapere che cosa, agli occhi di Dio, è bene e che cosa è male.

          Che nessuno, di fronte a Cristo giudice, debba accusarci di avergli rifiutato la verità del Vangelo, traendo così in inganno proprio coloro che avremmo dovuto illuminare e guidare. Siamo ora noi ad avere la missione di annunciare la lieta notizia ai poveri, la liberazione ai prigionieri, la vista ai ciechi, la fine dell’oppressione per chi soffre. La parola di salvezza ci trasmette la benevolenza di Dio Padre, che ci vuole felici. La felicità è nell’amare e nel seguire il desiderio di Dio per ciascuno di noi, perché possiamo vivere in pienezza il progetto che lui ci ha preparato.