Messa di Mezzanotte

25 dicembre 2009

Come i pastori chiamati dagli angeli, siamo venuti anche noi. L’invito è semplice: “troverete un bambino avvolto in fasce”. Ancora una volta, un annuncio così semplice e bello ha funzionato. E difatti siamo qui.

La nascita di un bambino è la cosa più normale e, allo stesso tempo, la più straordinaria che possa accadere nella storia dell’umanità. I bambini nascono – non molti, a dire la verità, non quanti sarebbero necessari, ma nascono – ed è normale che sia così: è un fatto che appartiene alla natura umana, fa parte della necessità di sopravvivenza dell’umanità e della società di cui tutti siamo parte. Questo è il normale di ogni nascita.

Ma guardiamo anche all’aspetto straordinario. In ogni bambino che nasce dobbiamo vedere le nostre speranze, che vivranno al di là di noi e dopo di noi: noi vorremmo che questi bambini siano capaci di fare quello che noi non siamo riusciti a fare. Vorremmo che prendessero da noi i nostri ideali, quegli ideali in cui abbiamo creduto e che purtroppo non siamo stati capaci di mettere in pratica o che abbiamo vissuto e abbiamo potuto rendere concreti solo in una piccola parte; vorremmo che questi nostri figli guardassero avanti per costruire un mondo migliore di quello che gli lasciamo noi, che anche a noi non piace, ma che è così perché così lo abbiamo fatto noi. Se sapranno credere a valori alti, potranno far fare alla storia umana un passo in avanti, verso una società più giusta, più solidale, più capace di accogliere tutti, senza discriminare e lasciare fuori i più deboli.

In ogni bambino che nasce dobbiamo vedere anche il progetto di Dio, un progetto che Dio ha fatto apposta per questo bambino e solo per lui: un pensiero di amore, che nasce dalla infinita fantasia del Creatore, che sceglie ogni persona perché possa portare avanti il piano di salvezza dell’umanità intera. Ogni bambino che nasce nel mondo ha una sua vocazione, una missione che sarà sua e solo sua. Se lui non la seguirà, o non potrà seguirla, qualcosa nel progetto di amore di Dio resterà incompiuto. Per questo, ogni vita che non ha il permesso di vivere, è un’offesa alla fantasia di Dio. Ogni vita, a cui i valori belli dell’umanità e della fede non sono proposti in maniera chiara e avvincente, è una vita ingannata, che sarà costretta a volare basso nel cammino della vita, mentre avrebbe potuto alzarsi alle grandi altezze della storia della salvezza.

E che dire allora della vita nuova che contempliamo questa notte: questo Bambino di cui gli angeli hanno annunciato la nascita? Se contempliamo il miracolo della vita, che segna ogni nuovo nato, qui molto di più ammiriamo una presenza del tutto unica della bontà di Dio. “È nato per voi un salvatore”: non è un bambino qualsiasi, e in questo caso l’originalità del progetto di Dio è infinitamente più vera che in ogni altra nascita.

La nascita di Gesù segna un inizio nuovo nella storia dell’umanità: Dio entra nella storia in un modo mai immaginato prima, e cioè diventando uno di noi, parte di questa nostra umanità, sottoposto a tutti i limiti e le prove a cui siamo sottoposti anche noi. Adesso accetta di essere un bambino appena nato, che, per sopravvivere, dipende in tutto dai suoi genitori. Più tardi accetterà di lavorare con le sue mani da operaio e di stancarsi nel lavoro, sperimenterà la fame e la sete, soffrirà la stanchezza del cammino e la delusione dell’abbandono, sentirà l’amarezza del rifiuto e del tradimento. E poi vivrà nella sua carne – quella carne ricevuta da Maria e strumento necessario della sua umanità – tutti i momenti della passione, con le sofferenze atroci inflitte al suo corpo flagellato, alla sua testa coronata di spine, alle sue mani e ai suoi piedi trafitti, nell’impotenza più totale e completa.

Ma questo sarà più tardi. Ma fin da ora, capiamo il perché dell’incarnazione. Il Verbo si è fatto carne per vivere insieme con noi, per percorrere con noi il cammino della vita, per vivere in nostra compagnia i momenti di gioia e di tristezza. Ogni volta possiamo dire: “Lui ha vissuto tutto questo, lui sa cosa vuol dire vivere in questo mondo”.

Il senso del Natale è qui: nella partecipazione di Dio alla nostra vita di uomini, nell’invito ad allearci con lui, che si fa uno di noi, per trasformare il mondo nel quale viviamo e che può diventare più umano, più ospitale, più vivibile per tutti. Se accogliamo fino in fondo la sua presenza e la sua parola, il mondo può diventare un luogo di condivisione, di comprensione e di solidarietà. Può diventare un luogo di amore: dell’amore che è il segno stesso della presenza di Dio, che ci ama ancora prima che noi lo conosciamo.

Per questo il bambino che nasce, il Figlio di Dio, riceve il titolo di Principe della Pace. L’invocazione della pace è un desiderio sempre presente nell’umanità, che, tragicamente, è sempre pronta a fare la guerra. L’invito del canto degli angeli a Natale: “Pace in terra”, resta una bella aspirazione, che però non è condivisa. Ci si insulta e si litiga per un anno intero, e poi in vicinanza del Natale si tirano fuori i buoni sentimenti e i buoni propositi, che scompariranno appena si tornerà all’atmosfera normale dei giorni normali. La pace è invece una cosa seria, e può nascere solo dalla conversione del nostro cuore, non dalle affermazioni retoriche dei buoni sentimenti stagionali. Cerchiamo una vera conversione, cari fratelli e sorelle, accogliamo a cuore aperto il Bambino di Betlemme e il suo messaggio, convinciamoci una volta di più che, insieme con lui, dietro la sua guida, ispirati dalle sue parole, animati dalla sua vita in noi, possiamo davvero cambiare il mondo.

Maria, che tra le pareti della Santa Casa ha dato inizio al processo della nostra salvezza, ci dà l’esempio di tutto questo. Seguiamo il suoi passi di discepola fedele del Signore, chiediamo il suo conforto nei momenti di successo e di fatica, la sua vicinanza nel dolore e nella gioia. La Madre lauretana non ci lascerà mai soli: il cammino del bene è aperto davanti a noi, e, solo se lo vogliamo, lo possiamo percorrere insieme.