Loreto, Monastero Passioniste, 16 maggio 2013
Se non stiamo ben attenti, e se ci lasciamo prendere da una considerazione superficiale di quello che vuol dire la santità, potremmo essere delusi dalle parole del Vangelo che abbiamo ascoltato. Si parla di piccolezza e di semplicità, mentre noi avremmo desiderato ascoltare qualcosa che facesse riferimento alle grandi esperienze mistiche che la Santa di oggi, Gemma Galgani, ha vissuto nel corso della sua vita. Eppure, è proprio la piccolezza la caratteristica che Gesù apprezza nelle anime che si donano a lui e che egli, in qualche modo, invade con la sua presenza.
Quello che noi conosciamo della vita di Gemma, ci parla di una presenza costante e sconvolgente di fenomeni straordinari, di ordine soprannaturale, che le facevano rivivere i momenti terribili della passione di Gesù. Queste esperienze dolorose erano per lei un richiamo continuo alla concretezza dell’amore del Signore per ciascuno di noi. Lei accettava di vivere queste sofferenze, nel desiderio di accompagnare Gesù, che viveva la passione da solo, abbandonato da tutti. Gemma univa così le sue sofferenze a quelle della vittima del Calvario. Non c’era in lei nulla che potesse far pensare a una esibizione dei doni ricevuti e delle prove a cui era sottoposta. Per la maggior parte delle persone che la conoscevano queste erano del tutto sconosciute. E Gemma, che amava definirsi “la povera Gemma”, non aveva la pretesa di valere più degli altri perché era depositaria di speciali grazie da parte di Gesù. Lei sapeva che il Signore l’aveva scelta come sua sposa, e che quindi l’amava tanto e per questo l’ha tanto messa alla prova. E lei, in tutta semplicità, ha risposto al suo amore.
Questa pagina del Vangelo, che la Chiesa ha scelto per commentare la santità di Gemma, ci conduce a capire meglio la volontà del Signore. Egli vuole esserci vicino, per sostenerci nelle difficoltà che certamente incontriamo e continueremo a incontrare nel cammino della vita. Ma la sua presenza resta qualcosa di gratuito, che ogni volta ci prende di sorpresa, perché non diventa mai un appuntamento abituale, ma è sempre e soltanto la manifestazione dell’amore infinito di Dio, completamente libero nei suoi interventi.
Le espressioni, che San Giovani usa nell’Apocalisse, ci fanno intravvedere la gioia che si vive in Paradiso, quando un’anima accoglie l’amore di Gesù. Lui ci ama per primo e ci chiede di corrispondere al suo amore. La nostra accettazione dell’amore del Signore per noi ci rende splendenti della sua bellezza e della sua santità. Il nostro desiderio è quello di poter far parte di quella grande folla che proclama per l’eternità le lodi di Dio. Nell’Antico Testamento, i profeti avevano usato l’immagine del matrimonio tra Dio e il suo popolo. L’Apocalisse riprende l’immagine per farci capire il destino che ci aspetta e che qui, in terra, noi cerchiamo di costruire, un giorno dopo l’altro, con fedeltà e costanza. Compiendo le opere buone, noi conquistiamo la vita eterna e ci arricchiamo di bellezza: perché, si dice, la bella veste che ci rivestirà di splendore nella gloria del Padre è stata tessuta con le opere giuste dei santi. Anche oggi, anche ora, dobbiamo andare avanti con il nostro lavoro: se il tessuto deve servire, deve essere grande abbastanza e deve essere bello.
Tutto questo passa attraverso la semplicità e la piccolezza, di cui la povera Gemma ci dà l’esempio: lei è diventata santa per questa sua semplicità, per la sua coscienza di essere una piccola creatura amata da Dio, per la sua volontà di rispondere ogni giorno all’amore paterno del Signore, per la sorpresa grata con la quale riceveva ogni volta le manifestazioni di speciale vicinanza del Signore.
Celebrando ora l’Eucaristia, riviviamo come Santa Gemma il dono di Dio che viene a noi: che non sia mai un’abitudine, ma ogni volta una sorpresa nuova che ci giunge come manifestazione di quell’amore del Padre che dobbiamo vivere in noi e far conoscere a tutti.