Solennità dei Santi Pietro e Paolo

60° di ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI

29 giugno 2011

            L’ascolto della parola di Dio ispira il nostro incontro. Siamo qui per dire grazie al Signore per il dono della sua misericordia e per il dono della sua Chiesa.

            La misericordia di Dio la vediamo, chiarissima, nella scelta di questi due grandi apostoli: Simone, superficiale e facilone, che parla molto e fa poco, gradasso e pauroso, diventa Pietro, con la solidità della roccia; Saulo, intelligente e fanatico, persecutore della Chiesa e nemico di Cristo, diventa Paolo, investigatore dei misteri della nostra fede e missionario senza paura, con una forza di ragionamento tagliente come la spada che lo simboleggia.

            La scelta di Dio ci dà sicurezza, perché ci mostra, con tutta la forza dei fatti, che “Dio è più grande del nostro cuore” (1 Gv 3,20) e anche con noi, peccatori e mediocri, può fare cose grandi. Il campo della missione è aperto davanti a noi, l’annuncio del vangelo ci chiama, come una sfida d’amore, e noi sappiamo che in questa sfida abbiamo il nostro ruolo da svolgere, anche noi abbiamo la via aperta per diventare grandi santi e grandi apostoli.

            E poi grazie a Dio per il dono della Chiesa. Qualche volta si sente dire: “Accetto Cristo ma non la Chiesa”. E non si pensa che è la Chiesa che ci offre Cristo, attraverso la testimonianza delle Scritture, nate nella Chiesa, annunciava il vangelo prima che ci fossero i vangeli scritti.

            Nella Chiesa, nostra madre, abbiamo il dono della missione di Pietro e dei suoi successori, che guidano la Chiesa con l’assicurazione che nel fare questo non possono commettere errori. Non si tratta di una glorificazione della funzione del Papa, ma di una garanzia data a noi che, in una materia tanto importante come è la nostra salvezza eterna, non possiamo essere ingannati.

            La roccia di Pietro è per noi l’assicurazione della stabilità in una fede vera. L’immagine usata dal Signore nel Vangelo che abbiamo ascoltato ci fa capire quanto dobbiamo essere grati al Vescovo di Roma, che ci mantiene nell’unità di una sola Chiesa. Basta guardare allo spolverio delle tante sette, pseudo cristiane e pseudo cattoliche, per capire quale differenza ci sia tra le nostre salde fondamenta e la ghiaia mobile si cui quelle sono costruite, per essere destinate a cadere in rovina.

            Grazie a Dio per il dono del Papa Benedetto XVI, per il quale oggi preghiamo ed al quale, in comunione con tutte le altre diocesi del mondo, offriamo le 60 ore di adorazione trascorse da tutti noi davanti al SS.mo Sacramento, in ricordo del 60° anniversario della sua ordinazione sacerdotale.

            Nella lettura degli Atti degli Apostoli abbiamo sentito che, “mentre Pietro era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui” (At 12,5).

            Noi siamo nello stesso atteggiamento della Chiesa di allora. Non perché il Papa sia in prigione, ma perché, per la sua missione, è tenuto ad un compito umanamente impossibile, che può essere adempiuto solo con una speciale e forte protezione dello Spirito di Dio. Per questa protezione noi preghiamo e da questa protezione acquistiamo sicurezza e fiducia, grazie alla guida che, attraverso il magistero del Papa, ci è offerta nel nostro cammino di fede.

            Al termine della celebrazione del sacrificio eucaristico, davanti al Santissimo Sacramento esposto, rinnoveremo il nostro impegno di comunione nella Chiesa e con il Papa e, simbolicamente, offriremo il frutto delle nostre intercessioni per Pietro, certi di aver compiuto il nostro compito di amore come figli e di aver sostenuto la missione del Pastore Supremo per il bene e la salvezza nostra e di tutti nel mondo.