Solennità della Natività di Maria

Loreto, 8 settembre 2010

            La Santa Casa di Nazareth, per volontà divina, è stata trasportata qui, nel territorio di Recanati, nella Marca di Ancona, ed è stata posata qui, su questa collina che ha preso il nome di Loreto, ed è divenuta uno dei luoghi di pellegrinaggio più importanti del mondo cristiano.

            Nel corso dei secoli, fede, teologia e arte si sono messe insieme per circondare quelle tre semplici pareti di pietra con raffigurazioni che aiutassero i pellegrini a capire il significato del santuario, e soprattutto a conoscere il progetto di Dio, che volle che suo Figlio si facesse uomo nel seno della Vergine Maria. Riflettendo su questa meravigliosa storia, della quale noi tutti siamo parte, gli artisti hanno creato le loro raffigurazioni, dalle sculture del rivestimento marmoreo della Santa Casa agli affreschi nella Sala del Pomarancio, cominciando proprio dalla scena della nascita di Maria.

            Possiamo dire, infatti, che tutto è cominciato da lì, da quel cominciare di una vita, che portava con sé fin dall’inizio il segno, invisibile all’occhio umano, di una speciale predilezione di Dio, che fin dal concepimento aveva pensato a Lei e l’aveva resa Immacolata, libera da ogni contatto, sia pur momentaneo, con il peccato.

            Tutto è cominciato con la nascita di quella Bambina, alla quale i genitori hanno dato il nome di Miriam, o Maria, e questo nome, che significhi “stella del mare” o “stilla del mare”, è diventato il nome più comune tra le donne e il più caro a tutti noi, che lo invochiamo continuamente, con assoluta fiducia di essere ascoltati.

            Tutto è cominciato da lì, da una vita nuova, piena di incognite, come lo sono tutte le vite nuove che nascono; ma anche piena di speranze, come lo sono tutte le vite che nascono. E se il mondo va avanti, e se noi continuiamo a sperare che sia possibile costruire un mondo migliore, è proprio perché ci sono nuove creature che nascono e che potranno continuare e correggere il poco di bene che saremo riusciti a fare noialtri.

            Tutto è cominciato da un episodio del quale il Vangelo non ci racconta nulla, ma che sappiamo deve essere accaduto, come sappiamo invece per certo che è accaduto l’episodio che abbiamo ascoltato ora: la storia di due ragazzi che si erano promessi in matrimonio, la storia dell’irruzione di Dio nella loro decisione, la storia di un matrimonio che si celebra e di una maternità che viene accolta come fatto misterioso e provvidenziale, la storia di un bambino che nasce e, con la sua nascita, introduce la presenza vera di Dio nella nostra storia umana.

            Per rendere possibile il miracolo dell’ Incarnazione del Figlio di Dio è stato necessario che diverse volontà si trovassero insieme: la volontà di Dio, che dall’inizio dei tempi aveva promesso un salvatore e che aveva ispirato i profeti ad annunciarne la prossima venuta; la volontà del Figlio, che, accogliendo l’invito del Padre, dice: “Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà”; e la volontà di Maria, la quale, avuti i chiarimenti che aveva richiesto, è pronta ad offrire la sua collaborazione e a dire il suo “sì” alla volontà di Dio: “Ecco la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua parola”. E Giuseppe? Anche lui è stato necessario e anche lui ha dovuto accettare l’invito che gli è giunto da Dio: non per rendere possibile l’incarnazione, ma per darne dignità e legittimità di fronte a tutti e per garantire, con la sua discendenza dal re Davide, il compimento delle promesse dei profeti. Giuseppe, uomo giusto, aveva pensato di essere inutile e indegno di avere qualche parte nel mistero che vedeva svilupparsi davanti ai suoi occhi. L’angelo gli ha invece spiegato che Dio lo voleva lì, a proteggere questa famiglia e ad assicurare il corretto svolgimento del processo di salvezza.

            È bello vedere che l’opera di Dio nel mondo passa attraverso la disponibilità di uomini e donne, persone come noi. Ed è molto impegnativo pensare che quello che è accaduto una volta, in quei giorni a Nazareth, tra le pareti di questa casa e poco più in là, nella casa di Giuseppe, si ripete continuamente nella nostra vita, quando il Signore ci chiama ad assumere il nostro ruolo nella storia della salvezza.

Potremmo giustificarci con una facile scusa: “Ma quello che Dio chiede a me non è così importante come quello che ha chiesto a Maria o a Giuseppe”. Questo è vero: nessuno di noi – né il più semplice parrocchiano né il Vescovo di Roma – può pretendere di avere una missione grande come quella che è stata affidata a loro. Ma ugualmente quello che il Signore chiede a me, lo chiede a me soltanto, e se io non lo faccio nessuno lo farà al posto mio. È come se la storia della salvezza fosse un grande bellissimo mosaico, fatto di tante tessere, tanti pezzettini, posti uno accanto all’altro, e anch’io devo mettere il mio pezzo. Se il mio contributo manca, ebbene, lì, dove doveva esserci quel particolare, quel segno, quel tocco di colore, non ci sarà altro che un buco e nessuno potrà chiuderlo, nessuno potrà completarlo al posto mio.

            La solennità della Natività di Maria è la festa patronale di Loreto. Questa “Felix Civitas Lauretana” deve la sua origine e la sua esistenza alla Santa Casa, prodigiosamente trasportata in questo luogo. Questo fatto dà origine ad un impegno del tutto unico, ad una relazione intima e speciale tra Maria e i cittadini di questa città, in tutte le sue componenti. Tutti sanno infatti che la vita dell’intera comunità è in qualche modo coordinata ed anche condizionata dalla vita del Santuario. Non dico questo per presentare una sorta di ricatto affettivo ai loretani, ma sono convinto che dovrebbe essere normale che tutti qui cercassero di vivere, nella propria vita e nei propri impegni personali e professionali, gli ideali vissuti dalla Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. Ideali che possiamo descrivere con i valori del Vangelo, di onestà, laboriosità, fedeltà, sincerità; ideali basati sull’amore e il rispetto reciproco, sulla purezza del cuore e del corpo, sul senso di giustizia e di solidarietà, specialmente con i più poveri e deboli. Valori vissuti soprattutto in famiglia, con una serena trasmissione delle verità vissute e predicate da Gesù, vissute e testimoniate da Maria e quotidianamente rese visibili in mezzo a noi dalla Santa Casa. Per dirla con una battuta: tutti sanno che a Loreto si fanno le migliori corone del rosario; sarebbe bello se si sapesse anche che a Loreto le famiglie usano quelle stesse corone per pregare.

            La solennità della Natività di Maria è un importante punto di riferimento per tutti coloro che sono impegnati nel mondo dell’aviazione, militare e civile. Il ricordo dei 90 anni dalla proclamazione della Madonna di Loreto a patrona degli aviatori è un’occasione per riscoprire la bellezza e l’utilità del volo umano, e quindi la nobiltà che si richiede da coloro che sono responsabili di un mezzo di trasporto che fa quotidianamente muovere milioni di persone attorno al mondo. Non penso che sarebbe troppo chiedere a tutti loro, che guardano con affetto e fiducia alla loro Patrona, di vivere la loro missione con la stessa competenza, con la stessa attenzione e la stessa gentilezza che noi vogliamo immaginare fossero usate dagli angeli incaricati di trasportare la Santa Casa da Nazareth a Loreto. Sapete bene anche voi che non può bastare l’avere con noi un’immaginetta o il chiedere la vicinanza di Maria nei momenti di qualche rischio; sarebbe bello se questa vicinanza fosse un atteggiamento costante di ogni aviatore.

             La solennità della Natività di Maria è significativa anche per tutti i giovani che hanno qui a Loreto un loro importante punto di riferimento, nel Centro di Pastorale Giovanile Giovanni Paolo II. Oggi saranno loro ad accendere la lampada per l’Italia, per sottolineare il decimo anniversario dell’esistenza di questo Centro che, in questi anni, ha visto migliaia e migliaia di ragazzi e ragazze, che hanno cercato a Loreto una conferma della loro fede e del loro impegno per la costruzione di una società più giusta e sincera. L’esempio di Maria, giovane figlia di Sion, è quello di un “sì” detto alla volontà di Dio e confermato non solo con le parole, ma in ogni momento della sua vita, anche quando era difficile, anche quando era umanamente impossibile. Maria ha creduto alla parola dell’angelo: “Nulla è impossibile a Dio”.

            La nascita di Maria diventa per tutti noi un motivo di gioia, di devozione e anche di impegno forte per portare questi ideali nel tessuto concreto della nostra vita, perché arrivino a incidere nella nostra società. Giovani o vecchi, militari o civili, semplici cittadini o investiti di pubbliche responsabilità, laici o sacerdoti, tutti siamo oggi chiamati a guardare a Maria ed a contemplare in lei l’inizio della nostra salvezza, qualcosa che ci tocca personalmente nel più intimo della nostra persona, con l’invito ad essere, seguendo il suo esempio, parte attiva in questa storia di amore e di rinnovamento.