Loreto, 8 settembre 2011
Per tutti noi, è una gioia grande celebrare oggi, insieme, la solennità della natività di Maria, ricordare quel giorno, decisivo per la storia dell’umanità, in cui la Piena di Grazia, colei che Dio aveva scelto da sempre per essere la Madre di suo Figlio, vedeva la luce e iniziava la sua storia umana, nello stesso modo in cui l’abbiamo cominciata tutti noi.
La pagina che abbiamo ascoltato, l’inizio del Vangelo di Matteo ci ha posti all’interno di una grande storia, che, in molti particolari, ci è famigliare. Si comincia con nomi importanti. I grandi patriarchi: Abramo, Isacco e Giacobbe; e poi si arriva al grande re Davide e al suo figlio Salomone, l’uomo più sapiente che sia mai apparso al mondo. Poi, a mano a mano, da una generazione all’altra, si scende nella famiglia dello stesso re, ma con persone sempre meno conosciute e sempre meno meritevoli. Fino ad arrivare alla umile bottega di un falegnametto di paese, un aggiusta legni che lavorava a qualche aratro, qualche basto e qualche giogo per gli animali da tiro, forse qualche sgabello e forse qualche vecchia porta da sistemare.
Eppure, entrando in quella piccola bottega, dove, agli occhi del mondo, non poteva accadere niente che avesse davvero importanza, siamo costretti a renderci conto che è invece lì, in un posto da niente e con delle persone da niente, che si è giocato il destino dell’umanità. Immaginate il contesto: due ragazzi che si vogliono sposare e la sorpresa di una maternità imprevista. Sembrerebbe una storia di sempre, di quelle che si conoscono con rammarico, ma che si considerano parte delle vicende quasi normali nella vita di ogni giorno.
E invece qui è tutt’altra cosa. L’angelo che interviene a chiarire la situazione porta un messaggio diverso. Non chiede a Giuseppe di superare lo scorno, di accettare l’umiliazione e la delusione. L’invito è quello di “non temere”, e quindi di non aver paura di qualcosa di misterioso che sta accadendo in Maria. Giuseppe non deve temere di interferire in un progetto troppo grande per lui. Di fatto il piano è grande, perché si tratta di salvare il mondo intero. Ma in questo piano Giuseppe ha il suo ruolo, e lo deve svolgere anche lui per contribuire al progetto di salvezza voluto da Dio, ricoprendo in ogni dettaglio il suo dovere di padre, che dà il nome al figlio e lo accoglie nella linea della famiglia reale di Davide.
Ma torniamo a quella lista impressionante di nomi, di gente importante e con un ruolo di rilievo nella storia. Di tutti loro, nessuno sarebbe oggi ricordato, se non avesse fatto parte di questa lista. Accade a loro lo stesso dei grandi della storia di quel tempo, quando in Palestina nacque una bambina a cui fu dato il nome di Maria; e poi quando nacque un bambinetto a cui fu dato il nome di Giovanni; e poi quando, addirittura in una stalla, nacque ancora un bambino a cui fu dato il nome di Gesù. A Roma c’era l’imperatore, a Gerusalemme c’era un re da operetta, e dappertutto c’erano i prefetti, i governatori e i procuratori dell’impero. Le uniche vaghe tracce che hanno lasciato sono state guerre, distruzioni, oppressione, viziosità di ogni tipo e, tutti, ma proprio tutti, una grande smania di arricchirsi. Eppure questi erano i grandi, che probabilmente non seppero mai della nascita di quelle poche povere persone, che non facevano neppure statistica nei grandi spazi dell’impero.
Sono passati secoli, e la scena non è cambiata di molto. Sul palcoscenico del mondo, del grande mondo – quello che conta – continuano ad esserci i grandi: quelli che prendono decisioni che tutti sono obbligati a seguire. Quelli che dichiarano le guerre – e le ragioni sono diverse, ma i risultati sono sempre gli stessi: morte e distruzione; quelli che decidono le politiche dell’economia – e riescono a ridurre in povertà mezzo mondo, solo perché si interessano alle meccaniche della finanza e non guardano in faccia le persone che ne sono toccate; quelli che tengono strette le regole del commercio – e riescono a far sì che i poveri del mondo restino sempre poveri e anzi lo diventino sempre di più; quelli che insegnano a tutti che la parola data non conta, perché quello che si dice oggi potrà essere smentito domani; quelli che danno a tutti il cattivo esempio di volgarità nel comportamento e nel linguaggio, mettendo definitivamente in cantina quello che una volta si poteva dire dei grandi personaggi del mondo: “un gran galantuomo, un gran gentiluomo”.
E allora, vale la pena prendere ancora una volta l’esempio da quei piccoli e poveri, che hanno risposto con un loro “sì” generoso alla chiamata di Dio; l’esempio di quelli che, prima ancora che il Vangelo fosse annunciato, lo hanno vissuto nella loro vita e lo hanno testimoniato in mezzo ad un mondo ignaro; l’esempio di Giuseppe, uomo giusto – lui sì un vero galantuomo che ha guadagnato da mangiare per sé e per la sua famigliola, con il lavoro delle sue mani callose; l’esempio di Maria, la donna perfetta, l’ideale di ogni vera bellezza, che ha riunito nella sua esperienza di vita il dono della verginità con quello della maternità; che si è detta umile ancella e che noi invochiamo regina; che ha camminato nella polvere delle nostre strade e ora ci invita a raggiungerla nella gloria del cielo.
Queste sì, sono persone da ammirare e da imitare. Di fronte a loro, nessuno si può sentire in disagio, e a tutti piacerebbe poter dire: sono dei nostri. Eppure erano persone semplici, la cui ricchezza è stata quella di aprire il loro cuore all’invito di Dio e capire che, ascoltando la sua parola, potevano dare il loro contributo al progetto di salvezza del mondo intero.
Di fronte alla perplessità di Maria per le parole altissime che aveva ascoltato, l’Angelo le ha detto: “Non temere”. Di fronte alla paura di Giuseppe, per qualcosa di imprevisto e forse troppo alto per lui, l’Angelo gli ha detto: “Non temere”. Maria e Giuseppe non hanno avuto paura, si sono fidati di Dio ed hanno capito che in questa docilità alla Parola del Signore c’era il segreto della vera grandezza. Per questo oggi ancora li ricordiamo e li veneriamo; per questo oggi ricordiamo come nostra la festa della nascita di Maria, ed essendo questa la festa patronale di Loreto, deve darci lo stimolo per seguire il cammino indicato da queste persone, che ci sono care e vicine in un modo unico, perché, custodendo noi la loro casa, li sentiamo giustamente come nostri cari vicini.
Dio ripete a ciascuno di noi: “Non temere”. Qui in Basilica, siamo oggi tutti insieme e ognuno di noi porta con sé le sue responsabilità e la sua missione. Mi basta guardare verso di voi per ricordare e capire quali sono gli impegni che gravano sulle vostre spalle: in famiglia, nel lavoro, nelle mansioni pubbliche, a diversi livelli. Lo specifico di ciascuno importa poco: una madre non è meno importante di un ministro; un industriale non conta di più di un operaio; un vescovo non è al di sopra di un chierichetto. Semplicemente abbiamo mansioni diverse, responsabilità diverse, diversi modi in cui dobbiamo rispondere alla chiamata del Signore. Ma a ognuno di noi giunge la voce di Dio, che ci dice: “Non temere. Anche se tu vali poco, anche se tu sei inadeguato alle responsabilità che ti sono state affidate, anche se talvolta non sai neppure da che parte girarti … Nulla è impossibile a Dio”. Questo è quello che conta. Compiamo la sua volontà, ascoltiamo la sua parola, rispondiamo ai suoi desideri, e la risposta sarà una scelta di bene, per ciascuno di noi e per tutti.
Cerchiamo poi di avere la percezione giusta di quelli che sono i nostri doveri più importanti e più impegnativi: è più facile sistemare un bilancio nazionale o comunale che educare un figlio; è più facile far cessare le guerre tra le nazioni e le comunità, che mantenere la pace e la serenità all’interno della nostra famiglia; è più facile stabilire regole teoriche per l’economia mondiale, che far quadrare i conti veri di una famiglia che non riesce ad arrivare alla fine del mese. Tutti abbiamo compiti importanti; tutti siamo chiamati a rispondere ad una chiamata specifica, che il Signore rivolge a me e a nessun altro; tutti siamo chiamati a fare spazio a Dio nella nostra vita, per diventare strumenti utili e flessibili nelle sue mani.
Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe … la genealogia dei chiamati a svolgere la missione che Dio ha affidato all’umanità continua anche oggi e comprende anche il mio nome. Anche a me, Dio dice: “Non temere”. Maria, con il suo esempio di santità, mi prende per mano e mi accompagna a compiere la volontà del Signore in questo “oggi” della storia in cui stiamo vivendo, in cui c’è tanto bisogno di lavorare, senza paura, per la salvezza dell’umanità.