Loreto, 8 dicembre 2010
Abbiamo ascoltato due racconti di chiamata: Dio ha cercato Adamo; l’angelo Gabriele ha cercato Maria. Alla voce di Dio, Adamo si è nascosto, perché aveva paura. Alla voce dell’angelo, Maria si è turbata, sorpresa per le parole che aveva ascoltato.
Maria non è impaurita dalla presenza di un messaggero di Dio, ma è sorpresa perché quello che l’angelo le ha detto è qualcosa che una creatura poteva solo giudicare incredibile. Gabriele l’ha salutata, invitandola ad essere lieta, e poi le ha detto che lei era “piena di grazia” e che Dio, il Signore era con lei.
Queste parole, che allora erano ascoltate per la prima volta nella storia del mondo, ci sono familiari: le riconosciamo subito, come l’inizio di quella preghiera che ci è la più cara e che ripetiamo spesso, e qualche volta, forse, senza pensare a quello che significa.
Ma oggi ci fermeremo per un po’ proprio a riascoltare queste espressioni, per capirle meglio e quindi per usarle meglio nella nostra preghiera.
Noi diciamo “Ave Maria”, ma il testo originale, nella lingua greca usata dall’evangelista Luca, aggiunge un tono di gioia che può essere reso, correttamente, con “rallegrati”. L’angelo porta a Maria un annuncio che deve essere accolto con gioia, perché porta la gioia nel mondo, dopo tanti secoli di tristezza e di paura, causate dalla lontananza dell’uomo da Dio.
Poi Gabriele aggiunge un titolo, che vuole descrivere con precisione chi è Maria. Ricordiamo sempre che chi parla è un messaggero di Dio, e quindi parla a suo nome e dice sempre la più piena verità. Non possiamo immaginare che l’angelo faccia dei complimenti a Maria, tanto per farla contenta. A noi capita spesso di dire delle mezze bugie, esagerando i meriti di una persona, per dargli qualche piacere. Ma ogni parola che viene da Dio è verità e significa esattamente quello che dice.
L’angelo dice: “Piena di grazia”. Quando parliamo di qualcosa che è pieno, vogliamo dire che non c’è posto per niente altro: la bottiglia è piena d’acqua, e quindi non posso metterci più niente. Maria è piena di grazia, quindi tutta ricolma di una presenza che si indica con questa parola così bella e piena di significati positivi. Possiamo dire di una persona che ha grazia, che è graziosa, che si comporta con grazia. Sono tutte espressioni belle, che indicano delle qualità buone di una persona.
Ma la parola “grazia”, nel senso in cui la troviamo usata qui, vuol dire molto di più. Nella vita cristiana noi parliamo di grazia, come del dono della presenza di Dio: riceviamo la grazia nel battesimo; dopo il peccato, l’assoluzione che riceviamo dal ministro di Dio ci dà ancora una volta la grazia; l’Eucaristia aumenta in noi la grazia. Ecco quindi che la parola “grazia” indica la presenza di Dio in noi.
Quando l’angelo dice a Maria: “Piena di grazia”, egli vuol dire: “Piena di Dio”, completamente posseduta dall’amore di Dio senza che ci sia nessuno spazio in cui si possa trovare qualcosa di diverso o di meno perfetto. “Piena di grazia” vuol dire che in Maria tutto è di Dio, tutto è bontà divina, tutto è possesso del Signore.
Quello che segue, conferma questa prima frase: “Il Signore è con te”. Ancora una volta, questo non è un augurio, come quello che si adopera nella liturgia. Difatti noi diciamo: “Il Signore sia con voi”, e così dicendo formuliamo un augurio: desideriamo che il Signore sia con quelli che ci sono accanto e che vivono con noi questo momento di grazia. Ma non potremmo mai dire a nessuno: “Il Signore è con te”, perché diremmo qualcosa che non può mai essere del tutto vero. Ma lo è invece per Maria, nella quale Dio è presente in maniera totale. Lo ripetiamo: in Maria Dio è presente in maniera così totale che in lei non c’è posto per nessun altro. Meno ancora può esserci posto per qualsiasi presenza di peccato.
Ecco quindi, in queste prime parole della preghiera dell’Ave Maria, spiegato il senso della celebrazione di oggi: noi festeggiamo Maria, la Madre di Dio e Madre nostra, e ci rallegriamo per la sua completa santità, che Dio ha voluto donarle, per renderla degna di accogliere per prima nel mondo il Figlio di Dio che si è fatto uomo.
Per ogni persona, l’affetto per la propria madre è qualcosa di grande e spontaneo. Tutti vediamo nostra madre come la donna migliore che esista, e, se avessimo potuto farla noi, l’avremmo fatta perfetta. Ora Dio ha avuto l’occasione di scegliere la propria Madre, e per questo l’ha fatta perfetta, soprattutto nella santità, perché il Figlio di Dio, che veniva in terra per sconfiggere il male e il peccato, non avesse nessun contatto con queste realtà negative, che egli poteva soltanto combattere fin dal principio.
Ecco quindi il significato di questa festa e il significato delle parole che diciamo, quando cominciamo l’Ave Maria. Certamente non è possibile che ogni volta che le pronunciamo riusciamo a pensare a tutto questo. Ma almeno rendiamoci conto che non si tratta di parole qualsiasi, ma di belle affermazioni che contengono tutta l’ammirazione con cui Dio guarda alla sua creatura preferita, quella donna, tutta bella, di cui Dio è così profondamente innamorato e che offre a noi perché anche noi nutriamo per lei gli stessi sentimenti di ammirazione e di affetto che sono di Dio.
E ci aggiungiamo un senso profondo di gratitudine per il “sì” che Maria ha pronunciato in quel giorno, proprio tra le tre pareti di questa casa che conserviamo qui a Loreto, come reliquia preziosa dell’incarnazione del Figlio di Dio. Lo possiamo dire senza timore e senza poter apparire animati da un devozionismo fuori posto: le parole dell’Ave Maria, pronunciate con fede in quello stesso posto in cui furono dette per la prima volta dall’angelo, hanno un sapore e un valore particolare. È un’esperienza di amore che, riconoscenti per la grazia di essere qui a Loreto, tutti dobbiamo vivere.