Una gaffe mostruosa

Un’espressione inglese, a cui Miss Plummer aveva accennato in uno dei nostri incontri, era “rush hour”, che letteralmente significa “ora della fretta”, ma in italiano si traduce “ora di punta”. Inutile dire che, tra me e Angelo, non ci avevamo capito gran che.
Un evento a cui la buona signora volle che prendessimo parte, e ci andammo insieme con lei, è stato il “Royal tournament”, una serie di esibizioni di corpi militari, che alternavano caroselli storici di diverse armi, esercitazioni di interventi di salvataggio, interventi di bande musicali. Il giorno scelto era quello in cui sarebbe stata presente la regina Elisabetta.
Lo spettacolo, va detto, è stato molto attraente, con esibizioni di maestria estrema. A rappresentare le truppe della Nato c’erano i Bersaglieri italiani, sempre di corsa e con la loro fanfara; per il Commonwealth c’erano invece le Giubbe Rosse a cavallo, che conclusero lo spettacolo con una carica scatenata.
Miss Plummer era soprattutto desiderosa di vedere da vicino la regina, e per questo, terminato il programma, si affrettò a raggiungere il luogo dove la sovrana sarebbe salita in auto. Nella fretta, inciampò e cadde stesa a terra. Fu quindi necessario recarsi in un bar vicino per riposare e prendere insieme un tè.
In quel momento, Miss Plammer ci fece una domanda, in cui apparve l’espressione sopra ricordata: “rush hour”. Ci chiedeva – ma noi non capimmo – se, nel tornare verso casa, avremmo trovato il traffico dell’ora di punta. Ci consultammo e decidemmo che quel “rush”, che si pronuncia “rasc”, alludesse alla Russia, che appunto si pronuncia “Rascia”. Ricordando alcuni tentativi di conversazione, stabilimmo: “Ci sta chiedendo quando arriverà l’ora delle Russia, per le relazioni con la Santa Sede!”. Accettata questa ipotesi, prendemmo l’aria più seria possibile e, uno dopo l’altro, uscimmo in tre gravi affermazioni, in un inglese più o meno corretto: “È un problema molto difficile”; “Solo Dio lo sa”; “Dobbiamo pregare!”
Miss Plummer sembrava un po’ smarrita, ma non ne capimmo la ragione. Non fece comunque commenti.
Qualche settimana dopo, trovando di nuovo l’espressione “rush hour” mi tornò in mente l’episodio e capii che in quel giorno eravamo caduti in un equivoco enorme. Lo chiesi a Miss Plummer, che mi confermò che ora avevo capito bene quello che era successo. Lei non aveva reagito, perché non aveva voluto umiliarci.
Ogni tanto, ricordo questo episodio e quella spaventosa figuraccia. Ma la strada per imparare una nuova lingua è lastricata di tante storie simili: umilianti ma, alla fine, molto utili per fare dei passi in avanti.