Una suora carismatica statunitense, di cui non ricordo il nome, era in Kenya per una missione. Aveva organizzato un incontro di preghiera per la notte tra il 29 e il 30 ottobre 2000, nella Basilica della Santa Famiglia, Cattedrale di Nairobi. Ci incontrammo nella mattinata di quel giorno, mi invitò a partecipare ed accettai di andare.
L’inizio era previsto per le 20:30 e per quell’ora la chiesa era già abbastanza piena di gente. C’erano anche alcuni sacerdoti. La suora condusse l’incontro molto bene, e la partecipazione dei presenti fu molto vivace. Quando la religiosa invitò a una preghiera spontanea, di stile carismatico, e ne diede l’esempio, incontrò invece una reazione piuttosto imbarazzata, e non fece altri tentativi.
Verso le 23:00 la chiesa doveva essere chiusa e, prima di quell’ora, tutti i preti erano usciti. Quando la suora invitò a celebrare il sacramento della riconciliazione, ero rimasto il solo sacerdote disponibile. Con uno scambio di sguardi, le feci capire la situazione e lei avvertì di questo i presenti. Propose un ottimo esame di coscienza, molto chiaro e completo. Dopo di che, diedi alcuni avvisi, pregando i penitenti di essere essenziali nella loro accusa e di non aspettarsi grandi discorsi da parte mia: dato che ero solo, sarei stato estremamente breve. Spiegai anche che non parlavo swahili e che quindi avrebbero dovuto esprimersi in inglese. Se qualcuno non avesse potuto farlo, il Signore avrebbe capito tutto ugualmente.
Entrai nel confessionale a mezzanotte, e i penitenti cominciarono a venire, senza un momento di interruzione. Ho l’impressione che, verso le 3:00 del mattino, mi sia momentaneamente addormentato, ma il movimento dei penitenti, che alzandosi e inginocchiandosi facevano rumore, mi risvegliò.
Ne uscii che erano passate le 6:00. Tornando verso casa, mi sentivo molto stanco ma molto sereno, e avevo la sensazione di aver fatto qualcosa che valeva veramente la pena.