Ventesimo anniversario della morte di don Paolo

Fano, Cattedrale, 9 Ottobre 2014

Abbiamo ascoltato le stesse pagine della Scrittura che avevamo scelto per la messa di Requiem, 20 anni fa. Ho voluto leggere di nuovo il testo dell’omelia che, con grande sofferenza, avevo pronunciato in quella occasione. Se cambiassi qualche espressione, specificamente riferita al momento, ogni parola potrebbe essere ripetuta oggi, e sarebbe ancora adatta e del tutto adeguata a questo nostro incontro di fede e di preghiera.

        Ascoltate la conclusione di allora: “Ora Paolo vive in Dio e celebra nell’eternità quel­lo che ha creduto e che ha voluto costruire qui sulla terra. Noi che restiamo, vogliamo vivere i suoi stessi ideali e la sua stessa donazione gioio­sa e generosa. Preghiamo Dio perché il seme gettato in terra dia frutto. Perché non si spenga l’impegno dei buoni in favore di una missione che continua. E perché cuori generosi raccolgano la sfida di Cri­sto: “Vieni e seguimi”, così che il vuoto lasciato da Paolo sia riempito da altri ancora, “perché la grazia, ancora più abbondante ad opera di un mag­gior numero, moltiplichi l’inno di lode alla gloria di Dio”.

        Non vi sembra che lo sguardo che allora avevamo rivolto al futuro, come gesto di speranza, sia ora un dato di fatto? Venti anni dopo, il ricordo di Don Paolo, della sua persona e delle sue attività è ancora vivo, e anche persone che non l’hanno mai conosciuto ne studiano il messaggio e ne traggono ispirazione per la loro vita. Questa ispirazione nasce certamente dal fascino di una persona che ha vissuto con estrema coerenza e fedeltà i suoi ideali.  Ma nasce soprattutto dalla forza del Vangelo, che egli ha voluto vivere nelle diverse circostanze in cui la Provvidenza lo ha collocato.

        Con il passare degli anni, c’è stata una evidente maturazione: il Paolo giovane sacerdote vice parroco qui al Duomo non era più il seminarista dei primi anni; il missionario in partenza per il Brasile non era più l’assistente dei fanciulli di Azione Cattolica; il parroco di Camaçari era profondamente diverso dal vicario di Fazenda Grande. Eppure, in tutti questi passaggi, possiamo riconoscere la stessa persona, con la sua tenacia, la sua costante voglia di studiare e di approfondire, con la sua donazione completa alla gente a cui era stato inviato come pastore. In definitiva, con una fede sempre più ricca nel Signore Gesù, salvatore e liberatore dell’umanità intera.

        “Mi sono sempre sentito prete impegnato nell’evangelizzazione” … Quante volte abbiamo riascoltato queste sue parole, che lo definiscono in maniera completa e convincente. Prete chiamato a evangelizzare, che continua a parlare, attraverso il suo esempio, e che ci inviata a portare avanti i suoi ideali, per la liberazione dei più poveri, degli oppressi dalle tante forme di sfruttamento, economico e ideologico.

        Viene da chiedersi: come si riconoscerebbe Paolo oggi, in questa nostra società, così diversa da quella di venti anni fa? E ci chiediamo noi: ma è una società che è andata avanti o sta retrocedendo nell’egoismo, nella banalità, nella volgarità e nella diseducazione? Come si riconoscerebbe Paolo oggi, nel Brasile che cresce come potenza mondiale e sembra non accorgersi della continua povertà ed emarginazione di tanti, troppi, suoi cittadini? Quello che diceva agli amministratori di allora, lo potrebbe ripetere ancora oggi, e forse con maggiore severità, perché se è triste vivere nell’oppressione, è ancora più triste vivere nella disillusione delle promesse non mantenute.

        Sono domande che non possono avere una risposta, se non nella considerazione della coerenza con la quale Paolo ha vissuto la sua vita. E quindi oggi lo vedremmo lottare con la stessa energia e la stessa convinzione e annunciare lo stesso Vangelo, letto e interpretato nell’oggi in cui viviamo, con la volontà di non blandire l’alienazione dei facili devozionismi, ma con la grinta di sempre, alimentata nel contatto diretto con la Scrittura e con la persona di Cristo nei sacramenti, vissuti e amministrati.

        La sfida del Vangelo torna a noi. Ora noi sappiamo di formare la folla dei “fratelli, sorelle, madri, padri e figli”, ormai davvero al cento per uno, nel ricordo di quel “vieni e seguimi” a cui Paolo ha risposto positivamente fin da bambino, confermando poi il suo “sì” nelle diverse circostanze della sua vita di missione.

        La cosa più bella che possiamo sperare per ciascuno di noi è quella che vediamo già realizzata in Don Paolo: che qualcuno porti avanti i nostri ideali, al di là del tempo limitato della nostra vita. Per questo amiamo la fecondità, per questo crediamo nel valore della nostra fede, per questo, ricordando Paolo, vogliamo ispirarci ancora al suo esempio.