Primo concerto – Cappella Musicale della Santa Casa
Loreto, 5 luglio 2011
La stagione organistica lauretana del 2011 si inaugura oggi con un concerto vocale e strumentale, a cura della Cappella Musicale della Santa Casa, sotto la direzione del Maestro P. Giuliano Viabile, che è anche il Rettore di questa Basilica. Il programma è ricco e vario, e sarà via via illustrato da brevi introduzioni.
Mio compito è ora presentare alla vostra considerazione il testo eucaristico che sarà eseguito subito dopo il mio intervento: “O sacrum convivium”. Quest’anno, come nostro contributo alla preparazione del Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona, che sarà celebrato dal 3 all’11 settembre prossimo, in ogni concerto sarà eseguita una composizione con un diretto riferimento al mistero eucaristico. In questo modo, avremo l’occasione di conoscere meglio questo sacramento centrale della nostra fede, che, proprio per la sua importanza e per il suo fascino, ha ispirato la riflessione musicale di innumerevoli artisti.
Il brano scelto per oggi è una breve composizione scritta da San Tommaso d’Aquino, il grande teologo medioevale, che diede un notevolissimo sviluppo alla riflessione del popolo cristiano sull’Eucaristia. Egli aveva a sua disposizione una mente prodigiosamente dotata: era, per esempio, capace di dettare più opere a diversi scrivani nello stesso tempo, passando dall’uno all’altro senza perdere il filo dei complessi ragionamenti che elaborava, in uno stile profondo ma nello stesso tempo molto semplice. Tommaso si dedicò anche alla poesia, e compose alcuni poemi, dei quali ci occuperemo nei prossimi concerti. Il testo di oggi è formato da appena cinque righe e viene usata dalla Chiesa nella liturgia delle ore del Corpus Domini, come antifona al Magnificat dei secondi Vespri.
Il testo latino dice: O sacrum convivium,
in quo Christus sumitur:
recolitur memoria passionis eius:
mens impletur gratia
et futurae gloriae nobis pignus datur.
Come accade sempre, nelle composizioni di San Tommaso, l’esposizione è chiarissima e completa in tutto. Il fatto di dover comporre un testo breve, come sono brevi le antifone, non ha impedito al grande teologo di concentrare, in queste poche parole, l’intera esposizione della teologia eucaristica.
Tommaso ricorda per primo l’aspetto conviviale dell’Eucaristia: “O sacro Convito, nel quale assumiamo Cristo, oppure nel quale ci si nutre con Cristo”. La traduzione dell’Ufficio delle Ore in italiano dice bene, anche se liberamente: “Mistero della Cena! Ci nutriamo di Cristo”.
La celebrazione dell’Eucaristia si presenta come un convito, un pasto preso insieme, nel ricordo di quanto il Signore ha fatto nell’ultima cena. Secondo la più antica descrizione dell’episodio, riportata da San Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi, “Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me»” (1 Cor 11,23-25).
Non c’è dubbio che la prima finalità dell’Eucaristia, indicata dal Signore, è quella di essere mangiata e bevuta da noi, per farci entrare in comunione con lui e per ricordare quanto fatto da lui nel Cenacolo, la sera del Giovedì Santo. Ma il cibo che ci è offerto ha una origine sacrificale: Gesù parla di un corpo dato per voi e di un sangue versato per voi (Lc 22,19-20). Nel Cenacolo, Gesù anticipa il Calvario, quando il suo corpo sarà fisicamente offerto in sacrificio, ed il sangue sarà tutto versato per la nostra salvezza.
Uno dei problemi che talvolta si sentono agitare, specialmente tra opposti schieramenti di liturgisti, è la relazione tra i due aspetti dell’Eucaristia: il sacrificio e il sacramento. Di per sé la cosa non dovrebbe suscitare molto dibattito. Ogni volta che noi mangiamo qualcosa, ci troviamo di fronte alla stessa realtà. Mi spiego: il pane che mangiamo trae origine da un sacrificio. Il grano è stato macinato, la farina impastata con acqua, mescolata vigorosamente, poi messa al forno e da questo processo faticoso – un vero e proprio sacrificio – nasce il pane: il sacramento. Lo stesso accade per il vino, per il quale l’uva è stata schiacciata, ha ribollito ed ha dovuto gemere nel processo di fermentazione. È il suo sacrificio, per giungere al vino da bere: il sacramento. Lo stesso potremmo dire per qualsiasi piatto di carne, per il quale si deve presupporre un vero e proprio sacrificio cruento.
Il sacrificio eucaristico ripresenta la morte di Gesù sul Calvario, attraverso i simboli usati dallo stesso Signore nell’ultima cena: pane e vino separati, per indicare il corpo e il sangue, che in questo modo simboleggiano la morte di Cristo, nella quale, attraverso il martirio della croce, il sangue è stato separato dal corpo. Poiché però il Figlio di Dio, che viene a noi attraverso i segni del pane e del vino, è risorto e vive per sempre, la nostra comunione non è con il Cristo morto, ma con il risorto, che siede ora alla destra del Padre e intercede per noi (Cfr Rom 8,34).
La doppia dimensione, del sacrificio e del sacramento, è indicata con molta precisione da San Tommaso, nel testo che stiamo esaminando. Dopo aver ricordato la Cena, nella quale noi ci nutriamo di Cristo, egli aggiunge una riga, in merito al sacrificio: “recolitur memoria passionis eius” ovvero: “si fa memoria della sua passione”. L’uso della parola memoria non si riferisce al semplice ricordo, ma definisce il modo in cui l’azione di Dio presenta di nuovo e realmente il fatto a cui ci si riferisce. La passione di Cristo non è soltanto commemorata ma resa di nuovo presente. Quello che sul Calvario è avvenuto in maniera cruenta, e cioè con il versamento del sangue, accade ora sull’altare in maniera sacramentale, e quindi senza una nuova sofferenza del Signore che, ormai nella gloria, non può più soffrire.
A questa precisazione teologica, che pone in evidenza la natura dell’Eucaristia – sacrificio e sacramento insieme – San Tommaso aggiunge ancora due frasi, che anch’esse descrivono gli effetti del sacramento: “Mens impletur gratia et futurae gloriae nobis pignus datur” ovvero “l’anima è ricolma di grazia e ci è donato il pegno della gloria futura”.
La prima frase si riferisce all’effetto immediato, mentre la seconda guarda in avanti, al futuro che ci aspetta. Per ambedue le dimensioni, l’Eucaristia è essenziale ed è il modo in cui Dio si rende presente nella nostra vita con il suo intervento di grazia. Già, nel discorso eucaristico riportato da Giovanni nel capitolo 6° del suo vangelo, Gesù lo aveva affermato con molta forza, riferendosi prima alla fede nella sua persona e poi alla necessità di unirsi a lui attraverso la comunione eucaristica: “Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51). E poco dopo: “In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita” (Gv 6,53). Gesù aveva ricordato anche la prospettiva della vita dopo la morte: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,54). È quindi comprensibile che, nel linguaggio cristiano, si parli dell’Eucaristia come di seme di vita eterna, ed è altrettanto comprensibile che la comunione sia amministrata a chi sta per morire, come vero sacramento dei morenti, chiamato il Viatico, perché finalizzato ad accompagnare quella persona nell’ultimo, importante e difficile passo della vita, che è appunto la morte.
La breve antifona “O sacrum convivium” si conclude con l’alleluia, l’espressione ebraica che è stata accolta nella liturgia cristiana senza essere tradotta, come accade anche con amen e osanna. Il significato della parola è lodiamo il Signore, ed è una espressione gioiosa che, per questa sua caratteristica, viene omessa nel periodo penitenziale della Quaresima.
Ora ne sappiamo abbastanza per poter ascoltare con la necessaria competenza la composizione che ci viene proposta dalla Cappella Musicale di Loreto. Trattandosi di un testo breve, anche l’esecuzione musicale sarà breve. Ma la nostra riflessione sul mistero dell’Eucaristia potrà continuare anche dopo, permettendo che le parole e la melodia risuonino ancora nelle nostre orecchie e nei nostri cuori.
Grazie e buon ascolto.