VII Festival Organistico Lauretano

Quarto concerto – Juan de la Rubia

Loreto, 7 agosto 2012

Il quarto concerto del VII° Festival Organistico Lauretano comprende nel suo programma, come in ognuno dei concerti precedenti, un brano musicale eseguito come improvvisazione sulla melodia gregoriana “Factus est repente”, antifona della Messa per la solennità di Pentecoste, secondo il testo offerto dal Liber Usualis della tradizione liturgica precedente alla riforma promossa dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Nel medesimo contesto, il messale ora in uso presenta solo la seconda frase dell’antifona precedente.

Come ho già spiegato nelle altre occasioni, questa attenzione al tema dello Spirito Santo è motivata dall’avvicinarsi della visita del Papa Benedetto XVI a Loreto, il prossimo 4 ottobre, per cui vogliamo che anche questo evento, nello stesso tempo artistico e spirituale, ci aiuti nella preparazione per l’incontro con il Successore di Pietro, nel suo pellegrinaggio, compiuto al fine di porre sotto la protezione di Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, la celebrazione dell’Anno della Fede e lo svolgimento del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione, ambedue gli eventi volti a solennizzare il 50° anniversario dell’apertura del Concilio

Il testo dell’antifona oggi considerata è tratto dagli Atti degli Apostoli, e specificamente dalla narrazione dell’episodio della discesa dello Spirito Santo sulla Chiesa nascente, con gli apostoli riuniti nel cenacolo “insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù” (At 1,14).

Il testo latino è quello della Vulgata, e, unendo due frasi con una breve omissione ed una aggiunta, suona così:

“Factus est repente de coelo sonus advenientis spiritus vehementis, ubi erant sedentes, alleluia: et repleti sunt omnes Spiritu Sancto, loquentes magnalia Dei, alleluia, alleluia”.

La traduzione italiana è la seguente:

“Venne all’improvviso un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, dove stavano, alleluia, e tutti furono colmati di Spirito Santo, e proclamavano le grandi opere di Dio, alleluia, alleluia”. 

Si celebra quindi il momento in cui, cinquanta giorni dopo la risurrezione di Cristo, questo vento impetuoso scosse il cenacolo e indicò ai discepoli riuniti che era stato loro donato lo Spirito Santo, che Gesù aveva promesso come “Spirito di verità” che rimanesse per sempre nella Chiesa. Questo Spirito è indicato con un termine greco, παράκλητος, che, nella traduzione precedente della CEI, era interpretato come “Consolatore”. Questo termine però era limitato, in quanto παράκλητος significa anche “avvocato, difensore, protettore, intercessore”. Per non farci avere una comprensione solo parziale, quindi, i Vescovi hanno deciso di usare il termine Paraclito, in modo che, invece di capire poco, non si capisce nulla.

La presenza dello Spirito di Dio è talvolta descritta nella Bibbia con l’immagine del vento. Nel primo capitolo della Genesi, ad esempio, si dice che, mentre la terra era informe e deserta, “lo spirito di Dio aleggiava sulle acque” (Gen 1,2). Letteralmente si direbbe “il soffio di Dio” e si indica il vento che, nell’immaginario simbolico dell’autore, si agita sull’abisso primordiale; oppure, meglio, l’immagine può anticipare l’azione creatrice di Dio. Nella seconda narrazione della creazione, si racconta che Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e “soffiò nelle sue narici un alito di vita” in modo che “l’uomo divenne un essere vivente” (Gen 2,7). Ancora una volta, il soffio di Dio descrive la sua azione creatrice.

Particolarmente impressionante è l’immagine usata nel I° libro dei Re, quando si narra della fuga del profeta Elia nel deserto, per sottrarsi alla persecuzione della regina Gezabele, dopo l’uccisione dei profeti di Baal. Dio lo chiamò sulla montagna e gli chiese di fermarsi alla presenza del Signore. Il racconto, molto famoso, procede così: “Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna” (I° Re 19,11-13). Ecco che, in questo caso, lo spirito di Dio si è manifestato appena con un soffio, per indicare che la forza creatrice di Dio non ha bisogno di frastuono, ma opera discretamente, attraverso la conversione dei cuori.         

Nella scena della Pentecoste, il vento dello Spirito è impetuoso, e manifesta la forza con cui Dio muove la sua Chiesa, appena un piccolo nucleo, umanamente insignificante, per renderla capaci di affrontare con coraggio ed entusiasmo la sua missione evangelizzatrice. Pietro, difatti, offrirà poco dopo agli ebrei, stupiti per il fenomeno, il primo annuncio della nuova fede in Cristo, morto e risorto.

Questa immagine del vento, che offrirà al Maestro de la Rubia lo spunto per la sua improvvisazione, offre a me una immagine legata al funzionamento dell’organo, che, come sapete bene, produce suoni proprio grazie al soffio che passa, con diversa intensità, attraverso le diverse canne. Le canne possono essere metalliche oppure di legno, di grandezza, lunghezza e fattura variabile a seconda delle note e del del timbro che la canna riproduce. Molto anni fa, in una visita a Salt Lake City, nello stato dello Utah, avevo ascoltato un concerto d’organo nel Tabernacolo Mormone. Lo strumento ha più di 11 mila canne, e mi era stato detto che le canne della facciata erano d’oro e per questo avevano un suono particolarmente melodioso. Leggo ora che, invece, esse sarebbero soltanto dorate. Checché ne sia del caso specifico, è facile sperimentare che ogni canna produce suoni a seconda della sua natura, purché il soffio d’aria passi attraverso di essa.

L’immagine dell’organo può servire per illustrare in maniera molto adeguata l’azione dello Spirito Santo in noi. L’antifona che stiamo commentando dice che tutti coloro che avevano ricevuto l’infusione dello Spirito “proclamavano le grandi opere di Dio”. Il che potrebbe sembrare un’azione comune a tutti, quasi a identificarli in uno stesso comportamento. Subito dopo, però, lo stesso racconto degli Atti degli Apostoli spiega che quelle lodi rivolte a Dio erano comprese da tutti quelli che ascoltavano, qualunque ne fosse la lingua e la provenienza etnica.

Il che spiega che lo Spirito agisce in ogni persona, che sia aperta a ricevere il dono di Dio, ma il risultato della sua azione varia a seconda delle capacità e della natura stessa della persona interessata. Una donna sarà sempre donna, un uomo uomo e un giovane giovane, un malato continuerà a vivere la sua situazione di vulnerabilità. Lo Spirito Santo non farà di me un artista, se non ne ho le capacità, né mi darà doti di comando, se sono timido e impacciato. Ognuno manterrà quindi le responsabilità che il suo stato gli chiede o le chiede. Ma la vocazione alla santità vale per tutti, anche se la risposta di ognuno sarà differente, a seconda delle capacità e delle disposizioni.

Una grossa canna d’organo di legno avrà sempre e comunque un suono grave, una più sottile e con una buona percentuale d’argento potrà avere un suono acuto e dolce, una canna piccolissima sarà poco più di un fischietto: ma ognuna darà il suo contributo alla esecuzione di una melodia bella e degna di essere ascoltata, se farà la sua parte bene, nel modo richiesto e secondo il soffio che le viene attribuito.

Lo Spirito Santo ci rende pronti a svolgere la nostra parte nel grande concerto della storia della salvezza. La dimensione e la sonorità di ognuno importa poco: che siamo tromboni o fischietti, l’importante è che ognuno faccia la sua parte e non manchi al suo attacco, né più né meno come è importante che ogni canna suoni la sua nota al momento giusto, senza mancare di suonare al tempo che le è richiesto.

Ora siamo pronti ad ascoltare l’improvvisazione del Maestro Juan de la Rubia. In un precedente concerto, ispirato dalle parole del brano allora commentato, avevo chiesto al concertista di farci sentire il fuoco. Oggi dovrei chiedergli di farci sentire il vento. Il che non sarebbe male, anche per alleviare l’aria pesante che il clima di oggi ci regala. Ma ci affidiamo alla creatività del Maestro e ci auguriamo, anche per questo brano, un buon ascolto.